Donne e Giappone: la letteratura contemporanea. 5 consigli di letture al femminile

Marzo possiamo considerarlo il mese delle donne: per l’8 marzo, certo, in quanto Giornata Internazionale della Donna, che serve a tutti noi (e dico volutamente tutti, perché è un discorso che riguarda indistintamente donne e uomini) a ricordare sì le conquiste sociali, ma anche quanta strada ancora c’è da fare per un mondo realmente privo di discriminazione; ma anche guardando al mio paese di elezione, il Giappone, in cui sempre a marzo, e per la precisione il 3, si celebra lo Hina matsuri, la festa delle bambine, sebbene nato in un’altra ottica e legato piuttosto alle tradizioni arcaiche di questo paese.

Tempo fa avevo pubblicato un articolo dedicato alla letteratura giapponese femminile moderna, prendendo in analisi il periodo di modernizzazione in Giappone, a partire dall’epoca Meiji (1868-1912) fino agli anni Venti/Trenta.

Oggi dunque volevo riprendere questo discorso, per concentrarmi sulla letteratura delle donne in Giappone a partire dagli anni Sessanta/Settanta, quando ci fu un nuovo boom di scrittrici giapponesi, per finire con alcuni consigli di lettura.

La letteratura al femminile nel dopoguerra: gli anni Sessanta e Settanta

Non è semplice impostare un discorso “generalizzato” sulla letteratura delle donne a partire dal secondo dopoguerra a oggi, tanti sono gli stili, le opere e le autrici in questi anni.

Partendo dai cambiamenti sociali e politici, va ricordato che subito dopo la guerra ci fu l’abolizione dell’istituto dello ie (casa/famiglia), il sistema familiare tradizionale. Questo si tradusse, seppur più lentamente, con un cambiamento radicale del ruolo della donna in famiglia e nella società, arrivando, almeno sulla carta, alla parità di diritti con l’uomo. Chiaramente gli effetti di questo cambiamento non furono immediati, ma costituisce in ogni caso un punto di partenza fondamentale nell’emancipazione femminile in Giappone.

Tutto ciò cosa ha significato in letteratura?

In particolare, gli anni Sessanta e Settanta hanno rappresentato un punto di svolta per la letteratura delle donne in Giappone. Questo grazie a un più ampio accesso all’educazione superiore, a partire dagli anni Cinquanta, ma anche grazie a una maggiore autonomia delle donne nella vita pubblica e sociale. E in questo contesto, le donne riscoprono la scrittura come mezzo per esprimere il malessere e l’inquietudine scaturiti dai cambiamenti della società, dal rifiuto delle forme tradizionali di femminilità, come il matrimonio e la maternità, e dal superamento di un’identità di genere iscritta alla cultura patriarcale: come superare i ruoli imposti?

Il romanzo dunque in questi anni torna a farsi introspezione psicologica, basato sulla vita quotidiana o su elementi fantastici, e proprio in questi anni assistiamo a un nuovo boom di scrittrici femminili: Ōba Minako (1930-2007), Kurahashi Yumiko (1935-2005), Kanai Mieko e Tsushima Yūko (entrambe del 1947) le principali esponenti, insieme a Enchi Fumiko (1905-1986) appartenente alla generazione precedente.

Siamo negli anni della “seconda ondata femminista” che fa sentire i suoi echi anche in Giappone, seppur forse in maniera più blanda: si cerca di scardinare i ruoli sociali tradizionali e ridefinire i rapporti tra i sessi su nuove basi.


Enchi Fumiko, e la riscoperta del mondo classico

Enchi Fumiko (1905-1986) è stata una delle esponenti più importanti della letteratura giapponese del dopoguerra. Ed è soprattutto con lei che assistiamo a una nuova riscoperta dei classici della letteratura Heian, riprendendo una sorta di legame con le dame di corte, autrici di questi capolavori.

Nell’opera di Enchi Fumiko, i cui tratti caratteristici presero forma negli anni Cinquanta, la letteratura classica rappresenta una delle principali fonti di ispirazione, come i personaggi femminili al di fuori delle convenzioni sociali, ma anche la figura delle miko (sciamane), come nel romanzo recentemente tradotto da Paola Scrolavezza e edito da Safarà Editore, Namamiko. L’inganno delle sciamane (scritto nel 1965).

Anche la presenza del soprannaturale è uno degli aspetti più significativi della sua opera: lei stessa affermava di sentirsi spinta a scrivere delle donne del passato dai loro spiriti, e molte delle sue protagoniste agiscono proprio attraverso poteri soprannaturali, come le regine-sciamane dell’antichità (fonte: Enciclopedia delle donne).

E in Onnamen, Maschere di donna, romanzo del 1958, Enchi Fumiko riprende la figura della dama di corte Rokujō, personaggio del Genji Monogatari che, abbandonata da Genji, si trasforma in uno spirito vendicativo, possedendo le sue rivali, senza esserne cosciente. Qui Enchi ne propone una visione alternativa, analizzando le motivazioni della dama e facendone il perno di una vendetta femminile contro gli uomini.

Il fantastico, il soprannaturale è comune non solo nell’opera di Enchi Fumiko, ma in generale nella letteratura femminile di quegli anni, come espediente per permettere alla donna di oltrepassare i limiti imposti dal ruolo sociale, e ritrovare un’indipendenza femminile tramite il ricorso a queste figure letterarie e mitologiche. Le maschere, del titolo del romanzo, sono quelle che ogni donna deve indossare per potersi muovere nel mondo reale.

Enchi Fumiko è stata non solo una scrittrice, ma anche una delle maggiori studiose di letteratura giapponese. È a lei che si deve la trascrizione in giapponese moderno del Genji Monogatari, e questo suo legame profondo con la letteratura classica giapponese è particolarmente evidente nella sua opera.


Gli anni Ottanta e Novanta: gli anni della bolla

Se nel ventennio precedente assistiamo a una svolta per la letteratura femminile giapponese, grazie ai significativi cambiamenti sociali, che hanno portato al rifiuto delle tradizionali forme di femminilità, nel tentativo di porsi contro la cultura patriarcale e mettendo in discussione il tradizionale ruolo di madre e il rapporto con il sesso maschile, nel periodo degli anni Ottanta tutto questo viene ulteriormente radicato.

Scrittrici come Hayashi Mariko (1954), Yamada Eimi (1959) e Yoshimoto Banana (1964) daranno vita a una sorta di scrittura post-femminista, manifestazione di una fluidificazione di confini e ruoli, e caratterizzata da un legame forte il mondo del cinema e dei manga.

La pubblicazione di Kitchen (1988) di Banana Yoshimoto ha rappresentato un vero e proprio caso letterario, con oltre sei milioni di copie vendute in Giappone e lo straordinario successo di vendite all’estero, che ha provocato non poche difficoltà alla critica letteraria a riconoscerne il valore, ponendosi in un contesto di rottura rispetto alla jun bungaku (la letteratura “pura”), contrapposta a quella che viene definita taishū bungaku (letteratura popolare).

L’alone di nostalgia, che si traduce in una spiccata sensibilità per il quotidiano e le piccole banali cose della vita di tutti i giorni, permea i romanzi di Yoshimoto, insieme a quella sensazione di perdita di purezza che comporta il processo di crescita, e un senso esasperato di solitudine dell’individuo.

Dalla metà degli anni Novanta possiamo dire che la scrittura femminile si è ormai guadagnata ampio spazio nel panorama letterario giapponese (tanto da rendere obsoleto il concetto stesso di letteratura femminile), e sono sempre più numerose le scrittrici insignite di prestigiosi premi letterari.

I temi affrontati dalle autrici contemporanee vertono ancora sulla ricerca dell’io, la necessità di trovare una propria identità, sotto il peso delle norme e degli obblighi imposti dalla società. Superare la rigida definizione dei ruoli di genere e del sistema familiare tradizionale rimane una costante.

Nel corso degli anni Novanta le profonde trasformazioni sociali, politiche, economiche e culturali si riflettono con forza sul concetto stesso della famiglia: il calo delle nascite, l’alto tasso di divorzi, la violenza domestica, la prostituzione minorile, la solitudine e le difficoltà delle relazioni sociali sono tutti fattori che hanno portato a una profonda crisi e instabilità della società giapponese. Tutto ciò si riflette nella letteratura degli ultimi anni, in cui  spiccano protagoniste sole, indipendenti, che fuoriescono dai canoni della “normalità” così come sono intesi dalla società.

Una menzione a parte va poi fatta il romanzo poliziesco, che vede un nuovo boom di gialliste a partire dal 1992, anno della pubblicazione di Kasha (in italiano uscito come Il passato di Shoko) di Miyabe Miyuki, considerato capostipite della nuova generazione di scrittrici di mistery, tra cui si annoverano Shibata Yoshiki (1951), che nasce come giallista “pura”, con la creazione del personaggio dell’ispettrice Murakami Riko, madre single, che la porta al successo, per poi variare sul genere horror e della fantascienza, e Natsuo Kirino (1951), probabilmente tra le autrici più prolifiche, e tradotte in italiano, degli ultimi anni.

Il genere poliziesco per queste autrici diventa espediente per esprimere una forte critica alla società giapponese contemporanea, analizzando i problemi legati a una società sempre più consumistica, alle tematiche della discriminazione e della violenza, nonché un modo per continuarsi a interrogare sul ruolo della donna nel Giappone contemporaneo.


5 consigli di lettura al femminile

Il periodo preso in considerazione è piuttosto ampio, così come il numero di autrici, il genere e i temi trattati sono i più disparati. Questo articolo non mira assolutamente a essere esaustivo, anzi, spero nei prossimi mesi di proporre articoli più approfonditi su autrici e temi della contemporaneità.

Per il momento, vi segnalo 5 letture (al di là di quelle citate nell’articolo) che a mio parere possono aiutare a farsi un’idea dell’evoluzione della narrativa giapponese femminile contemporanea, suddivisa per anni:

Anni Sessanta/Settanta

  • Harumi Setouchi, La virtù femminile, traduzione di Lydia Origlia (Beat). Lo trovi su Amazon a 5,86 €
  • Ariyoshi Sawako, Kae o le due rivali, traduzione di Lydia Origlia (Jaca Book)

Di questo periodo (un po’ antecedente in realtà), ricordo inoltre le opere di Enchi Fumiko presenti in italiano:

  • Maschere di donna, traduzione di Graziana Canova Tura (Marsilio)
  • Onnazaka, traduzione di Lydia Origlia (Safarà Editore)
  • Namamiko, l’inganno delle sciamane, traduzione di Paola Scrolavezza (Safarà Editore). Su Amazon a 15,72 €

Anni Ottanta

  • Yamada Eimi, Occhi nella notte, traduzione di Giuliana Carli (Marsilio)

Anni Novanta

  • Ekuni Kaori, Stella Stellina, traduzione Paola Scrolavezza (Atmosphere Libri). Su Amazon a 15 €

Anni Duemila

  • Kawakami Hiromi, La cartella del professore, traduzione di Antonietta Pastore (Einaudi). Su Amazon a 15,72 €
** Disclaimer: per alcuni di questi titoli, i più semplici da reperire, ho messo il link affiliato di Amazon, alcuni titoli non sono di facile reperimento, ma li potete trovare nelle biblioteche più fornite, e nelle librerie di usato.

Bibliografia

Fonti consultate:

  • La narrativa giapponese moderna e contemporanea, di Bienati, Scrolavezza
  • Letteratura giapponese II. Dalla fine dell’Ottocento, all’inizio del Terzo Millennio, a cura di Luisa Bienati.

Articoli online:

Daniela

Yamatologa per caso, traduttrice per passione, sognatrice di professione. Un vita in bilico tra Roma e il Giappone, e una passione per la fotografia, la cucina, i libri e i gatti.

1 Comment

    Lascia qui un commento :)