[Fotocronaca Giappone 2013] Kyoto, i templi e la festa di fine Obon

Mi spiace per la prolungata assenza, ma sono stata completamente assorbita dalla mia vita “reale”, comunque ora sono di nuovo qui, pronta a riprendere il mio diario di viaggio. Ci siamo lasciati a Tokyo, e ora ci ritroviamo a Kyoto!

Kyoto è sicuramente una delle città che più amo in assoluto. Tokyo ha una bellezza che ti abbaglia, ti colpisce immediatamente con il suo fascino esibito, sfacciato, Kyoto invece è una continua scoperta, misteriosa e non appariscente, una bellezza sussurrata e non gridata.

Il viaggio in shinkansen da Tokyo è tranquillo, e da brava “giapponese” consumo il mio ekiben (tonkatsu e riso) e mi faccio una bella dormita. Ovviamente, mi sveglio un paio di minuti prima di arrivare a Kyoto. Il nostro ryokan è a circa 15 minuti dalla stazione, a pochi passi dal tempio Higashi Honganji, nostra prima tappa a Kyoto e primo di una lunga serie di templi che visiteremo.

Higashi Honganji
Higashi Honganji

L’imponente tempio, sede della fazione Otani della setta buddhista dello Jodo-shin, venne fondato nel 1602 da Tokugawa Ieyasu, 11 anni dopo il tempio Nishi Honganji, fondato invece da Toyotomi Hideyoshi. Il tempio è veramente enorme e, a differenza della maggior parte dei templi di Kyoto, assolutamente gratuito. Vicino c’è anche il giardino Shoseien, che vale la pena visitare, ma il caldo afoso (percepibile anche dalle foto!) ci ha fatto desistere.

Più tardi, nel pomeriggio, facciamo un salto anche al Sanjusangendo costruito dall’imperatore in ritiro Go-shirakawa nel 1164 e ricostruito un secolo dopo a causa di un incendio che lo distrusse. E’ conosciuto per essere l’edificio in legno più lungo al mondo (120 m), oltre per le sue 1001 statue dorate del Bodhisattva Kannon, considerata la divinità della misericordia. L’effetto di tutte queste statue allineate è davvero impressionante, purtroppo all’interno non è consentito scattare fotografie, quindi per darvi un’idea ho preso questa foto da internet.

Statue di Kannon al Sanjusangendo
Statue di Kannon al Sanjusangendo
Sanjusangendo
Sanjusangendo

Sanjusangendo

Ok, lo ammetto: sono una fanatica dei templi, potrei girarne a centinaia senza mai annoiarmi e di certo a Kyoto non si rischia di rimanere digiuni, anzi. In questo senso Kyoto mi ricorda un po’ Roma, dove ci si può imbattere in una chiesa ogni pochi passi.

Ormai è quasi sera, e siamo pronti per la grande festa: oggi infatti è il 16 agosto, giorno in cui a Kyoto si celebra la fine dell’Obon con il Gozan no Okuribi, conosciuto anche come Daimonji: verso le 20.00 le montagne che circondano Kyoto vengono improvvisamente illuminate da caratteri infuocati. Le luci si spengono e viene acceso per primo il 大 dai (grande), poi  妙 myo (superbo) e 法 hou (legge), poi si accende il Funagata, ovvero la forma della barca, e lo Hidari daimonji, ovvero il secondo 大 dai (grande), infine viene acceso il Toriigata, ovvero la forma del torii.

Come al solito siamo in ritardo, ci fiondiamo in un taxi (dopo aver svegliato l’autista che sonnecchiava tranquillo) e ci facciamo accompagnare fino a Demachiyanagi, vicino alla riva del fiume, che ci è stato consigliato come uno dei punti “tipici” da cui osservare due caratteri (大 e 法). Ovviamente, questo vuol dire una vera e propria fiumana di gente, ci ritroviamo in un caos, ordinato ma pur sempre caos, e dal ponte riusciamo a vedere il 大.

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L’atmosfera è pazzesca, gente ovunque, ragazzi e ragazze in yukata, polizia e persone che cercano il punto perfetto per fare una foto. Lo spettacolo si esaurisce in una mezz’ora scarsa, e cominciamo la lunga traversata verso il ryokan, accompagnati dalla folla festante.

Il nostro secondo giorno lo dedichiamo a Higashiyama e due mete imperdibili a Kyoto (a mio parere!): il Ginkakuji (il padiglione d’argento) e il Kiyomizudera.

Ginkakuji e Kyoto
Ginkakuji e Kyoto

Kyoto non è una citta immensa, ma spostarsi al suo interno può essere molto frustrante (almeno per me, abituata a muovermi in metropolitana), gli spostamenti in autobus non sono agevoli e io come sempre riesco a perdere l’orientamento. E’ più forte di me: in città dotate di metropolitana riesco a muovermi sempre con disinvoltura, quando sono costretta a usare gli autobus smarrisco la bussola.

Comunque, riusciamo ad arrivare. Il Ginkakuji è uno dei templi che più amo a Kyoto, e i giardini sono meravigliosi. Realizzato nel 1482, nasceva come residenza privata dello shogun Ashikaga Yoshimasa, che si ispirò al più celebre Kinkakuji, il padiglione d’oro. Lo shogun voleva far rivestire d’argento questa costruzione, ma a causa della sua morte l’anno successivo il padiglione rimase incompiuto. La residenza fu in seguito convertita in tempio zen. All’interno trovate anche un giardino di sabbia e un bellissimo giardino di muschio, che segue un circuito circolare e dal quale si gode una vista su tutto il complesso e sulla città, come si può vedere dalla foto sopra.

Nota golosa: all’ingresso del tempio trovate un negozio che vende una specie di bomba al tè verde e alla crema, una cosa deliziosa, penso uno dei dolci più buoni che ho mangiato in Giappone. Avrei voluto fargli una foto, ma non è durato molto a lungo!

Dopo aver lasciato il padiglione d’argento, ci incamminiamo lungo la celebre passeggiata del filosofo, che dà il meglio di sé in primavera, con i ciliegi in fiore, ma anche d’estate si è rivelata essere una passeggiata piuttosto piacevole, nonostate il rumore assordante delle cicale (sì, sempre loro, anche se quelle di Tokyo le ho trovate più agguerrite!).

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Ormai è ora di pranzo, fa caldo e siamo affamati, quindi ci fiondiamo in un ristorante e ci sbafiamo il nostro pranzo a base di zarusoba e onigiri.

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La siesta è necessaria per ricaricare le energie per il pomeriggio: la nostra tappa pomeridiana sarà il Kiyomizudera, e anche qui ci aspetta una bella scarpinata sotto il sole!

Il nome del tempio significa letteralmente “acqua pura” ed è qui che ogni anno si svolge la cerimonia in cui, ogni 12 dicembre, viene annunciato il kanji dell’anno, cioè il kanji che viene considerato il più rappresentativo dell’anno che va a concludersi. Kanji dell’anno 2012 è stato 金 kin, cioè oro, e ora aspettiamo di conoscere quello del 2013.

Sicuramente il Kiyomizu è uno dei templi più famosi del Giappone, fondato nel 780, dal 1994 è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO insieme agli altri monumenti storici dell’antica Kyoto.

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La famosa terrazza in legno del tempio, uno degli scorci più famosi di Kyoto, dalla quale si gode una bellissima vista. Sapevate che esiste anche un modo di dire relativo alla celebre terrazza?

清水の舞台から飛び降りる

Che significa letteralmente: saltare dalla terrazza (dal palco= butai) del Kiyomizu, cioè lanciarsi in un’impresa ardita. L’origine dell’espressione risale al periodo Edo quando, secondo la tradizione, si riteneva che se si fosse sopravvissuti al salto di 13 metri d’altezza dalla terrazza del Kiyomizu i propri desideri sarebbero stati realizzati.

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La cascata Otowa, divisa in tre torrenti, ognuno dei quali ha differenti “proprietà terapeutiche”: longevità, salute e saggezza. Si può bere l’acqua dalle tre cascate usando gli appositi recipienti, ma attenzione a non essere avidi! Si può bere al massimo da due canali, altrimenti attirerete su di voi la sventura!

Lasciamo il tempio e decidiamo di perderci un po’ per i meravigliosi vicoli di Higashiyama! Le stradine sono ovviamente affollate di turisti, ma nonostante questo la zona non perde la sua aura di tradizionalità.

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Ho già detto che amo Kyoto, vero?

LIMG_3055a nostra giornata si conclude in un’allegra e “caciarona” izakaya nei pressi della Shijo, un posto che ci è piaciuto talmente tanto da esserci tornati altre due volte!

 つづく

Daniela

Yamatologa per caso, traduttrice per passione, sognatrice di professione. Un vita in bilico tra Roma e il Giappone, e una passione per la fotografia, la cucina, i libri e i gatti.

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