Folklore e modi di dire: oni, i demoni giapponesi

oniOggi parliamo di oni , le leggendarie creature del folklore giapponese, definite in italiano come “demoni”, o anche “orchi”, nell’accezione più attuale. Essi fanno parte della schiera di yōkai 妖怪, cioè gli spiriti o mostri della mitologia giapponese, dotati di poteri soprannaturali e dall’aspetto animalesco. Gli oni sono esseri soprannaturali che incarnano le forze della natura: in origine erano creature benevole, poi iniziarono ad essere identificati come i guardiani dell’inferno, mostri dal potere distruttivo e portatori di calamità naturali. E proprio per scongiurare i disastri provocati dagli oni, che in epoca Nara (710-794) veniva praticato il rito chiamato oniyarai o tsuina 追儺 (cacciare il demone): una persona faceva il ruolo del demone e veniva scacciato con archi e canne di legno di pesco. Questa pratica in origine si teneva l’ultimo giorno dell’anno per allontanare le divinità della peste e di altre epidemie. Vi ricorda qualcosa? Esatto, stiamo parlando del setsubun che si svolge il 3 febbraio e del rito del lancio di fagioli che a partire dall’epoca Muromachi (1336-1573 ) ha sostituito gli antichi tsuina. Gli oni sono personaggi popolari nell’arte e nella letteratura, dove di solito vengono raffigurati come creature gigantesche e mostruose, dotate di artigli, folti peli e due corna, indossano pelle di tigre e portano con sé la loro fidata mazza ferrata, chiamata kanabō 金棒. Un aspetto tutt’altro che rassicurante, vero? E proprio il brandire questa temibile arma, ha generato questo modo di dire:

 鬼に金棒

[Oni ni kanabō]

Letteralmente: (come) la mazza nelle mani del demone. Quindi, se un essere già forte, ha con sé un’arma, diventa ancora più potente. Ciò vuol dire avere qualcosa che ci rende ancora più forti, o invincibili, oppure avere un’arma sicura (per il successo).

鬼の居ぬ間に洗濯

[Oni no inu ma ni sentaku]

bucato
Stampa ukiyo-e di Kawanabe Kyosai

Letteralmente: fare il bucato mentre non c’è il demone. Significa approfittare dell’assenza di qualcuno che ci fa paura, o che è fastidioso, per tirare un sospiro di sollievo. Tuttavia, sentaku in questo caso non si riferisce alla pulizia dei panni in senso stretto, ma a un’altra espressione, cioè a 命の洗濯 (inochi no sentaku). Vale a dire, il “lavaggio della vita”, un’espressione a mio parere molto bella che vuol dire “tirare un sospiro di sollievo”, cioè ripulire appunto la vita da tutte le ansie, i problemi e le difficoltà della quotidianità per rilassarsi, tirare per un momento il fiato prima di ricominciare. In italiano, solitamente, viene tradotto col nostro modo di dire: quando il gatto non c’è i topi ballano, che esprime sostanzialmente lo stesso concetto, anche se è interessante, a mio parere, notare la leggera differenza di sfumatura rispetto al nostro modo di dire (o a quello inglese, whent the cat’s away, the mice will play): ovvero l’approfittare dell’assenza di qualcuno sgradito, in Giappone è un momento per distendersi e si respira; da noi, invece, si balla (o si gioca). 🙂

鬼の目にも涙

[Oni no me ni mo namida]

oni piangono

Letteralmente: le lacrime anche negli occhi degli oni. Cioè, anche gli oni piangono: quindi, persino chi ci appare forte, stoico, impassibile, nasconde, in fondo, un lato umano ed emotivo. Insomma, noi diremmo anche i duri piangono (o hanno un cuore). Quest’espressione svela anche una leggera nota di meraviglia, nel vedere commuoversi e piangere qualcuno che non ci aspettavamo proprio.

Anche per oggi è tutto, alla prossima 🙂

Daniela

Yamatologa per caso, traduttrice per passione, sognatrice di professione. Un vita in bilico tra Roma e il Giappone, e una passione per la fotografia, la cucina, i libri e i gatti.

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