Regia di Hideki Takeuchi, Giappone 2014
Peplum in salsa di soia: il ritorno dei surreali viaggi nel tempo dell’architetto romano Lucius Modestus. Voto **1/2
L’architetto Lucius (Abe Hiroshi) è tornato, e con lui i viaggi nel tempo più folli del mondo tra l’antica Roma e il Giappone contemporaneo, grazie al collegamento spazio-temporale dei bagni.
Il nostro, dopo essere diventato un architetto di fama in tutto l’Impero, grazie alle novità introdotte nei bagni termali dell’antica Roma (e ispirate dalle invenzioni del “popolo dalla faccia piatta”), entra nuovamente in crisi quando l’imperatore Adriano gli affida l’incarico di costruire un nuovo bagno termale al Colosseo, per alleviare i tanti dolori sofferti dai gladiatori. Lucius è di nuovo a corto di idee, ma ritrova il passaggio che lo condurrà ancora una volta in Giappone, dove troverà diverse fonti di ispirazione, come la poltrona che fa un massaggio rilassante, i parchi acquatici (le terme per bambini), le terme miste, scoprirà alcune specialità locali come il ramen e i gyoza (“pane bruciato”), inoltre assisterà a una forma di combattimento non mortale che “il popolo dalla faccia piatta” chiama sumo. Tornato a Roma, Lucius inserisce tutte queste innovazioni nelle sue nuove terme, sostituendo la tecnologia del XXI secolo con la forza lavoro dei soliti schiavi, continuando così a godere del consenso dell’imperatore e degli amanti dei bagni termali. Intanto l’Impero Romano è diviso tra la politica pacifista di Adriano, che preferisce i bagni alle battaglie, e quella espansionistica dei senatori che complottano contro di lui.
Anche in questo film, ad accompagnare e ad aiutare Lucius nei suoi viaggi in Giappone e a salvare l’Impero, abbiamo Mami (Ueto Aya), la disegnatrice di manga che, dopo lo scarso successo ottenuto dal suo “Thermae Romae”, ora è diventata una scrittrice freelance specializzata in bagni pubblici. La storia comunque riserverà delle soprese anche a lei.
Il film riprende di base lo stesso schema narrativo del primo episodio: i viaggi nel tempo in Giappone accompagnati dal canto del tenore italiano, la scoperta di nuove invenzioni da inserire nel contesto dell’antica Roma, la tecnologia di oggi sostituita dalla forza lavoro degli schiavi e le bizzarrie linguistiche (il passaggio latino-giapponese-latino di cui avevo già parlato nella recensione del primo film). Tutte cose già viste in Thermae Romae I e in questo, diciamo, perde molto rispetto al primo film, già di per sé non esattamente quello che si può definire un capolavoro cinematografico, ma che comunque il suo lavoro (quello di farsi due sane risate) lo svolgeva egregiamente, e senza mai scadere nella banalità o volgarità. Questo capitolo invece, nonostante le diverse trovate divertenti (il pensiero della poltrona massaggiante fatta di schiavi ancora mi fa ridere!) risente della mancanza di originalità, limitandosi di fatto a ripetere la formula ben riuscita del primo, non riuscendo però a replicarne del tutto la genialità demenziale. Comunque, la prima parte del film scorre piuttosto velocemente, tra gag e trovate piuttosto esilaranti, tenendo un buon ritmo e una buona comicità, grazie anche alla sorprendente mimica facciale di Abe Hiroshi. Nella seconda parte, invece, si torna sugli intrighi politici dell’Impero, punto debole anche del primo film, che sicuramente risponde alla necessità di dare una trama a un film altrimenti fatto solo di episodi e gag divertenti senza un vero e proprio filo conduttore, al di là di quello dei bagni, che però ha l’effetto di rallentare il film e fargli perdere la verve della prima parte.
Thermae Romae II nonostante la ripetitività di alcuni schemi, ha comunque l’enorme merito di far ridere, nella sua demenzialità e nell’assurdità delle varie trovate (sono l’unica a trovare geniali i pupazzetti nello scarico del WC durante i viaggi temporali? ^_^). Inoltre, in questo secondo capitolo alcune scene sono state girate in bellissime località termali del Giappone che fanno proprio venir voglia di preparare i bagagli e partire per immergersi nelle incantevoli atmosfere delle onsen.
In conclusione, il film pur non essendo un capolavoro è comunque un’ottima distrazione, che fornisce diversi spunti di divertimento e una storia tutto sommato godibile, il difetto più grosso che mi sento di imputargli, onestamente, è la lunghezza eccessiva. Sono veramente necessarie quasi due ore di film per una trama così leggera? Probabilmente, una durata inferiore, direi un’ora e venti, un’ora e mezza al massimo, avrebbe giovato a una migliore riuscita, seppur con tutti i limiti della pellicola.