Benritrovati a tutti quanti. Oggi torniamo a parlare di lingua e cultura giapponese, e lo facciamo parlando dei colori! Che, per chi non lo sapesse, in giapponese si dice:
色
[iro]
Esiste un modo di dire giapponese che recita 十人十色 [jyuunin toiro]. Letteralmente vuole dire “dieci persone, dieci colori”, vale a dire che ognuno di noi è differente dall’altro. Mi piace molto l’immagine che ogni persona abbia un colore diverso dall’altro, colori a volte complementari, a volte contrastanti, ma comunque unici, com’è ognuno di noi, ciascuno con le proprie idee e i propri sentimenti. Infatti in giapponese dice anche 色々 [iroiro], “colore, colore”, una ripetizione che va a indicare la diversità e la varietà. Tanti colori, tante persone, tante idee diverse.
Quindi, per esteso potremmo dire anche che ogni paese ha i suoi colori, e soprattutto che ogni paese dà un significato diverso ai propri colori.
Ecco allora un breve excursus sui colori giapponesi! In Giappone, in origine esistevano quattro colori base: 赤、黒、白、青 [aka, kuro, shiro, ao], che indicavano quattro diverse gamme di colori, nello specifico:
赤 [aka]: i colori brillanti, vivi (oggi = rosso)
青 [ao]: i colori freddi (oggi = blu, ma anche verde, come vedremo dopo)
白 [shiro]: i colori della luce (oggi = bianco)
黒 [kuro]: i colori dell’oscurità (oggi = nero)
Di base questi quattro colori sono contrapposti gli uni agli altri: kuro e shiro, l’oscurità e la luce, aka e ao, chiarezza e vaghezza, ma non solo. Aka, infatti, assume anche un senso di completezza, di definito, mentre ao rimanda a un senso di immaturità, di incompiuto. Ma vediamoli meglio nel dettaglio:
青
[ao]
Oggi viene usato per indicare il colore blu, ma in origine la definizione non era così netta, e includeva una vasta gamma di colori che arrivava fino al verde e al grigio. E ancora oggi, non sempre il termine ao significa blu, lo vediamo in alcune parole come:
青木 [aoki] = alloro (letteralmente albero verde)
青田 [aota] = risaie verdi
青葉 [aoba] = fogliame verde
青信号 [aoshingo] = semaforo verde
青々[aoao] = verdeggiante, sgargiante
Inoltre, il termine ao rimanda anche a un significato di acerbo (vedi anche aoba qui sopra), immaturità, inesperienza, come si vede in queste parole:
青年 [seinen] = giovane, gioventù
青春 [seishun] = giovinezza, adolescenza
青二才 [aonisai] = inesperto
赤
[aka]
Rosso. Il termine è legato al concetto di luce e di limpidezza (in questo senso, è vicino al bianco) e partendo da questo presupposto, a un concetto di completezza (contrapponendosi ad ao: acerbo, vago, incompleto). Ma il rosso in Giappone è anche il colore della sacralità, il colore dei rituali, usato per tenere lontani gli spiriti maligni, ed è anche il colore della preghiera e della purificazione. E questo si nota anche nell’architettura sacra del Giappone, il rosso vermiglio dei templi shintoisti, e quello dei torii, la porta di accesso al sacro. Infine, aka, è il colore della vita.
赤ん坊 [akanbou], 赤ちゃん [akachan] o 赤子[akago] = neonato
赤の他人[aka no tanin] = un perfetto estraneo
赤恥 [akahaji] = (fare una) figuraccia
紅白 [kouhaku] = bianco e rosso. In Giappone si ritiene che l’abbinamento bianco e rosso sia di buon auspicio, pertanto spesso durante cerimonie e celebrazioni vengono utilizzati drappi bianchi e rossi. *Nota: come avrete notato, il kanji di rosso stavolta è diverso: si tratta di 紅 kurenai, rosso cremisi, colore importato dalla Cina.
白
[shiro]
Bianco. Il colore della luce, secondo la tradizione giapponese è anche il colore delle divinità, che simboleggia l’assenza di impurità, e il colore della sacralità. In generale, il colore bianco va a indicare qualcosa di buono e positivo, di purezza, oltre ad avere il significato di distinto, limpido, chiaro.
白 [shiro] = bianco, ma anche innocente
白旗 [shirohata] = bandiera bianca (白旗を揚げる – shirohata wo ageru) = alzare bandiera bianca (arrendersi)
白面 [sumen] = sobrietà
白状 [hakujou] = confessione
白々しい [shirajirashii] = trasparente, sfacciato
潔白 [keppaku] = innocenza
白星 [shiroboshi] = vittoria
黒
[kuro]
Nero. Si tratta del colore associato all’oscurità (da 暗い kurai, scuro) e si contrappone in tal senso al bianco, il colore della luce. Spesso va indicare qualcosa di misterioso, sinistro e poco limpido, oltre ad essere associato alla morte e al male.
黒 [kuro] = colpevole
腹黒い [haraguroi] = malvagio, subdolo
暗黒 [ankoku] = oscuro
黒星 [kuroboshi] = sconfitta
黒白 [kokubyaku] = giusto e sbagliato – il bene e il male
L’associazione bianco e nero, inoltre, è spesso usata in occasione solenni, in contrasto con gli striscioni bianchi e rossi, usati per le cerimonie ed eventi di festa. Ad esempio i funerali sono solitamente indicati da decorazioni con grandi strisce bianche e nere.
Bene, per oggi è tutto, questi sono i 4 colori base, la prossima volta vedremo anche gli altri colori del Giappone! Alla prossima 🙂
Molto affascinante! Aspetto con piacere altre interessanti info sui colori: che storie 😀
Nella cultura italiana i colori hanno significati diversi da quelli giapponesi. Due mondi due colori, è il caso di dirlo!
Ciao
Sid
Hai ragione, è davvero interessante scoprire come le differenze culturali tra due paesi passano anche attraverso il modo in cui i colori vengono percepiti. Per farti un esempio, che ho dimenticato di citare nel post, mentre noi il sole lo percepiamo di colore giallo, per i giapponesi invece è di colore rosso, come nella bandiera, lo Hi no maru [日の丸], cioè il disco del sole, in cui al centro di un campo bianco è raffigurato il sole rosso (nel periodo prima della guerra con i raggi).
Penso che non si tratti tanto di differenza percettiva, ma della rappresentazione di un momento astronomico particolare, simboleggiato dal tramonto e dai fenomeni solari.
Della ‘gloria del sole’ al suo culmine, per così dire. Come in un ritratto, volevano rendere il suo aspetto migliore e più pieno.
Silvia Goi
Bel post perché dimostra che anche sulla definzione e i nomi dei colori influisce un complesso di questioni culturali molto profonde e intricate. Quando leggevo la Storia di Genji nella traduzione di Maria Teresa Orsi (Einaudi, 2012) la definizione del colore degli abiti era spesso legata a nomi di fiori e in molti casi mi chiedevo: come è quel fiore? Avrei tanto voluto un libro illustrato dedicato alla botanica giapponese. Ovviamente leggibile da chi non legge la lingua giapponese. Chissà quanti titoli del genere si troverebbeo in una ben fornita libreria giapponese. Ma stando qui in Italia? Cosa si potrà mai ordinare?
Bellissimo post, scrivi sempre cose molto interessanti.
Una curiosità sul conectto di diversita e molteplicità.
in Sardegna sidice: Chentu concas, chentu berrittas.
“Cento teste, cento berretti”.
Grazie mille Daniela 🙂