Italia e Giappone, una storia lunga 400 anni: l’ambasceria Hasekura

I rapporti diplomatici tra Italia e Giappone iniziano ufficialmente nel 1866, anno in cui i due paesi strinsero il Trattato di Amicizia e Commercio. Si tratta di un periodo storico per certi versi molto simile tra i due paesi, che vivevano un periodo di grandi cambiamenti da un punto di vista politico e sociale, in Italia con il Risorgimento, e in Giappone con quello che fu definito Rinnovamento Meiji, che portò il paese a uscire dal suo isolazionismo feudale e a entrare nella modernità.

Ma i rapporti tra i Italia e Giappone hanno in realtà radici ben più lontane. Circa un mese fa ricorrevano infatti i 400 anni dalla seconda ambasceria giapponese in Europa, con a capo Hasekura Tsunenaga, che sbarcò in Italia, a Civitavecchia, nel 1615, e raggiunse Roma il 3 novembre di quell’anno.

Il Giappone era rimasto totalmente isolato fino alla metà circa del XVI secolo, quando nel paese sbarcarono le prime navi europee con i primi gesuiti portoghesi e italiani. Cosa portò questi primi europei in Giappone, un paese letteralmente dall’altra parte del mondo? Oltre al lucroso commercio delle spezie, vi era principalmente la volontà di estendere i domini delle corone europee e di diffondere la fede cristiana fino agli angoli più remoti della terra. L’evangelizzazione, in questo periodo, era promossa dalla Compagnia di Gesù, ordine fondato da Ignazio di Loyola nel 1534, e in Giappone ebbe inizio nel 1549, anno in cui giunse nella città di Kagoshima il missionario Francesco Saverio, co-fondatore dell’ordine. La prima comunità cristiana venne fondata nell’isola di Kyushu, dove la comunità cattolica crebbe fino a superare le 300.000 unità. La rapidità con cui si diffuse l’evangelizzazione in Giappone fu dovuta in parte alla situazione politica e sociale in cui verteva il paese in quegli anni, ma anche perché con i gesuiti arrivò anche un ricco commercio con le altre colonie asiatiche in cui si erano stabiliti, oltre al proficuo scambio commerciale con gli europei, che introdussero nel paese le armi da fuoco. Avvenne in questo periodo la prima missione giapponese in terra straniera, che partì nel 1582 su iniziativa del missionario Alessandro Valignano e di alcuni daimyō convertiti al Cattolicesimo. La delegazione giunse in Italia nel 1585 e fu ricevuta a Roma prima da Papa Gregorio XIII e poi dal suo successore Papa Sisto V.

Nel frattempo Toyotomi Hideyoshi, salito al potere, bandì nel 1597 il cristianesimo e le sue missioni dal paese. La situazione dei missionari e dei converiti si fece quindi piuttosto difficile, tuttavia Hideyoshi si rassegnò a tollerare la presenza dei missionari, senza i quali temeva che anche le navi portoghesi non sarebbero più arrivate, e cercò di mantenere i rapporti commerciali.

Alla morte di Hideyoshi, nel 1598, Tokugawa Ieyasu, vinta la battaglia di Sekigahara nel 1600, divenne shōgun trasferendo nel 1603 la sede del governo feudale, il bakufu, a Edo, l’odierna  Tokyo. Ieyasu desiderava mantere i rapporti commerciali con gli europei, e in particolare desiderava stringerne con la Nuova Spagna, vale a dire il Messico. Negli anni tra il 1596 e il 1615, il daimyō Date Masamune, imparentato con lo shōgun, autorizzò il francescano Luis Sotelo a stabilire una missione nelle sue terre, desiderando instaurare un commercio con il Messico. A tal proposito, Ieyasu nel 1613 inviò al daimyō il suo capo-carpentiere, oltre a fabbri e falegnami, per la realizzazione della nave su cui viaggiò la seconda ambasceria giapponese in America e in Europa, a capo della quale il daimyō pone il samurai Hasekura Tsunenaga.

Ritratto di Hasekura ritratto durante la sua missione a Roma nel 1615 Collezione Borghese, Roma. Immagine tratta da wikipedia.
Ritratto di Hasekura ritratto durante la sua missione a Roma nel 1615 Collezione Borghese, Roma.
Immagine tratta da wikipedia.

La seconda ambasceria salpò il 28 ottobre 1613 con 180 persone a bordo alla volta di Acapulco, dove arrivarono dopo 90 giorni di navigazione. Il gruppo rimase alcune settimane a Città del Messico, dove molti membri dell’equipaggio furono battezzati dall’arcivescovo, poi salparono alla volta della Spagna, prima, e dell’Italia, poi.

Hasekura incontrò in Spagna il re Filippo III il 30 gennaio 1615 e gli consegnò la lettera di Date Masamune, in cui si chiedeva l’invio di altri missionari e l’apertura dei commerci tra Giappone e Messico. Non avendo ricevuto alcuna risposta dal re, l’ambasceria partì per l’Italia per incontrare il papa. La nave arrivò a Civitavecchia nell’ottobre del 1615, il 3 novembre ci fu l’incontro con papa Paolo V, in cui Hasekura consegnò al Pontefice la missiva in cui Date Masamune richiedeva l’invio di missionari e si dichiarava disponibile ad ospitare nuove missioni nelle sue terre. Il Papa accolse l’ambasciatore con cortesia ma, riguardo alle richieste giapponesi, rimandò alle decisioni del re Filippo III. Il Papa scrisse poi una lettera per Date Masamune, della quale una copia è a tutt’oggi conservata in Vaticano. Il Senato di Roma conferì a Hasekura il titolo onorifico di Cittadino Romano, in un documento ch’egli successivamente portò in Giappone e che oggi è ancora visibile e conservato a Sendai.

Intanto dal Giappone arrivarono voci di un clima anti-cristiano che si stava diffondendo nel paese: Hidetada, secondo shōgun Tokugawa, aveva infatti emanato nel 1614 l’editto di espulsione di tutti i sacerdoti e aveva avviato la persecuzione della fede cristiana.

La posizione di Date Masamune era compromessa: i rapporti con lo shogunato erano difficili, in molti sospettavano della lealtà di Date, che era sempre stato tollerante verso i cattolici; si pensava anche che Date avesse chiesto un intervento spagnolo e il sostegno per diventare egli stesso shogun. Il daimyō fu quindi costretto a promulgare tre editti sulla falsariga di quelli emessi dallo shogunato contro gli stranieri e i missionari, atto che gli consentì di salvare la faccia davanti allo shogun.

Hasekura tornò in Giappone nel 1620, vedendo come la situazione nel paese fosse drasticamente mutata. A causa di queste persecuzioni, gli accordi commerciali con il Messico che aveva cercato di stabilire furono negati, e gran parte degli sforzi in questo senso erano stati vani.  Non si sa con precisione cosa sia stato di lui dopo il viaggio. Voci contrastanti sostengono da un lato che rinunciò alla fede cattolica, dall’altro che invece abbia continuato a professare la sua fede segretamente. Hasekura morì nel 1622 e la sua tomba è visibile nel tempio Enfukuji, nella prefettura di Miyagi.

La missione di fatto si concluse con un fallimento: l’obiettivo del viaggio, quello di instaurare rapporti commerciali con il Messico non si realizzò, e lo stesso processo di evangelizzazione, strettamente legato al commercio, subì una brusca, e brutale, battuta d’arresto. Tuttavia, l’ambasceria, oltre a costituire uno dei primi contatti tra Europa, e in particolare Italia, e Giappone, è interessante anche per le numerose tracce lasciate lungo il percorso compiuto dagli ambasciatori. Infatti, lungo la via del ritorn in patria, alcuni dei giapponesi decisero di rimanere in Spagna, più precisamente in un villaggio vicino a Siviglia, Coria del Río, dove ancora oggi ci sono dei loro discendenti, riconoscibili dall’uso del cognome Japón.

Statua di Hasekura Tsunenaga a Cora del Rio. Tratta da miotramirada.com
Statua di Hasekura Tsunenaga a Coria del Río. Tratta da miotramirada.com

Al Museo Nazionale del Bargello, a Firenze, sono conservate due armi lunghe in asta, naginata, una delle quali, ornata vicino all’elsa con motivi decorativi tradizionali in oro, fu dono di Hasekura a Cosimo II De’ Medici.

Nella chiesa del Gesù a Roma, sono conservati, invece, tre grandi quadri  che rappresentano il martirio dei cristiani in Giappone. Nella Sala Regia del Palazzo del Quirinale – all’epoca residenza papale – si può invece ammirare il ritratto dell’esotica ambasceria.

Martirio di San Paolo Miki e compagni, Giovanni Koto e Giovanni Kisai. Foto di Zeno Colantoni, tratta da www.gliscritti.it
Martirio di San Paolo Miki e compagni, Giovanni Koto e Giovanni Kisai. Foto di Zeno Colantoni, tratta da www.gliscritti.it

 

Martirio dei 70 giapponesi ed europei a Nagasaki il 10 novembre 1622 Foto di Zeno Colantoni. Tratta da www.gliscritti.it
Martirio dei 70 giapponesi ed europei a Nagasaki il 10 novembre 1622
Foto di Zeno Colantoni. Tratta da www.gliscritti.it

 

Martirio del Beato Leonardo Kimura con altri quattro cristiani a Nagasaki il 18 novembre 1619 Foto di Zeno Colantoni. Tratta da www.gliscritti.it
Martirio del Beato Leonardo Kimura con altri quattro cristiani a Nagasaki il 18 novembre 1619
Foto di Zeno Colantoni. Tratta da www.gliscritti.it

A Civitavecchia, città gemellata con Ishinomaki, porto di partenza della delegazione, le più grandi testimonianze del passaggio degli ambasciatori giapponesi si hanno con la statua dedicata a Hasekura Tsunenaga e la chiesa dei Santi Martiri Giapponesi, all’interno della quale vi è raffigurata una particolarissima Madonna in kimono. La chiesa fu costruita nel 1872. Distrutta durante la seconda guerra mondiale, venne ricostruita nel 1950.  A Lucas Hasegawa, famosissimo artista giapponese, convertitosi al cattolicesimo e giunto nella capitale per celebrare l’anno Santo fu commissionato di affrescare le pareti della chiesa.

Statua di Hasekura Tsunenaga a Civitavecchia. Tratta da civitavecchia.portmobility.it
Statua di Hasekura Tsunenaga a Civitavecchia. Tratta da civitavecchia.portmobility.it
Tratta da santimartirigiappone.jimdo.com
Tratta da santimartirigiappone.jimdo.com

 

Tratta da santimartirigiappone.jimdo.com
Tratta da santimartirigiappone.jimdo.com

Come sappiamo, nel 1639, il terzo shōgun, Iemitsu, decretò la completa chiusura, sakoku 鎖国, del paese, ponendo fine a questa fase della storia giapponese di proficui scambi commerciali con gli europei, chiamata Nanban, che vuol dire letteralmente barbari del sud, poiché gli stranieri venivano considerati persone rozze e poco colte. Il rapporto con gli europei fu pertanto limitato ai soli olandesi nell’isolotto artificiale di Dejima, a Nagasaki, dove si concentrarono tutti i commerci con gli stranieri.

Fonti:

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1615: un giapponese in viaggio verso Roma. Il resoconto di Hasekura Rokuemon.

L’immagine di copertina è tratta da: http://www.japantimes.co.jp/culture/2014/03/12/arts/hasekura-tsunenagas-portrait-has-a-tale-to-tell/#.VksIF7-rFCF

Daniela

Yamatologa per caso, traduttrice per passione, sognatrice di professione. Un vita in bilico tra Roma e il Giappone, e una passione per la fotografia, la cucina, i libri e i gatti.

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