Il kimono 着物, l’abito giapponese per eccellenza ha una lunga storia dietro di sé, una storia che segue le vicende del Giappone alternando momenti di maggior diffusione a momenti di oblio, o quasi. Come molto altro della cultura giapponese, il primo “ibrido” di kimono viene dalla Cina, paese che tanto ha dato al Giappone, e nel corso dei secoli (esattamente come molti altri aspetti della cultura giapponese) ha subito una serie di variazioni e adattamenti, “giapponesizzandosi” e assumendo col tempo caratteristiche peculiari. Tuttavia, il kimono come lo conosciamo oggi nasce nel XVII secolo, raggiungendo il suo apice nell’era Genroku (1688-1704), quando venne introdotta una nuova tecnica di tintura della seta chiamata yuzen, una tecnica più pittorica che non un metodo di tintura vero e proprio, che permetteva di creare meravigliosi dettagli vivaci e pittoreschi.
I kimono dell’era genroku furono quanto di più sgargiante e vivace venne prodotto in ambito tessile, e riflettevano anche una nuova mentalità che iniziò a diffondersi alla fine del diciassettesimo secolo, quella modaiola, e con essa la voglia di cambiarsi e cambiare per il gusto di farlo. Tutto ciò ovviamente stimolò lo sviluppo di stabilimenti commerciali per rispondere alla crescente domanda della classe dei commercianti. In questo periodo iniziarono a vedersi anche le maniche sempre più lunghe e ampie, dando vita a quello che viene chiamato furisode, cioè il meraviglioso kimono dalle maniche fluttuanti. L’allungamento delle maniche ebbe effetto anche sull’obi, la cinta che chiude il kimono, che da quel momento diventò più alta e spessa, come effetto della moda delle maniche svolazzanti, e per il bisogno estetico di mantenere le giuste proporzioni.
L’epoca dei kimono sgargianti e colorati si concluse nel 1720, con la nascita di una nuova estetica fondata sull’iki, espressione di semplicità e raffinatezza. Lo sviluppo dell’iki rifletteva due aspetti della società del tardo periodo Edo, uno politico e l’altro estetico. Infatti, se da un lato una diffusa ondata di repressione sociale limitò, attraverso una serie di editti, le ostentazioni e gli sfarzi mostrati dalle persone della ricca borghesia di città (i chōnin 町人, cittadini), socialmente inferiori alla classe dei samurai, dall’altro questo porto allo sviluppo di un aspetto estetico più sobrio ed elegante, meno sfarzoso, sostituendo l’ovvio e l’appariscente con il tenue, l’impercettibile0; i colori chiari con quelli scuri.
L’epoca Meiji, con l’apertura del Giappone all’Occidente e alle sue innovazioni, fu un forte shock per la popolazione giapponese, dopo gli oltre 200 anni di sakoku (isolamento), che portò a un rapido sviluppo e cambiamento per la società giapponese, anche nell’abbigliamento, che vide un profondo mutamento dei costumi dapprima con l’adozione massiccia degli abiti e delle mode occidentali (per tutta quella fase conosciuta come “occidentalizzazione” del Giappone in cui il paese abbandonò usanze e tradizioni per adottare in toto quelle occidentali, al fine di recuperare il vantaggio dell’Occidente), poi con un ritorno alle tradizioni autoctone, in una sorta di “rigurgito” per quanto fagocitato avidamente e acriticamente nei primi anni Meiji. Il kimono tornò in auge tra la popolazione alla fine dell’Ottocento, diventando simbolo di un ritrovato spirito nazionalista, la vera essenza del Giappone.
Ed è proprio con la modernizzazione del paese che nasce il kimono meisen, il kimono in seta grezza realizzato con la tecnica della tintura in filo, dal design moderno e dal prezzo abbordabile, rappresentazione di un’estetica popolare e vigorosa.
I kimono meisen videro la loro diffusione a partire dagli anni Venti del Novecento: siamo in piena era Taisho, a cavallo tra due epoche sicuramente più importanti di Meiji e Showa, un’epoca per certi versi di transizione che però vide un proficuo sviluppo del paese in un’ottica modernista, e con mutamenti importanti nella società e nei costumi. È l’epoca dei café in stile occidentale, dei cinema e dei balli, un periodo vivace e libera, una breve parentesi di brio nei cambiamenti epocali che incontrò la società giapponese, e che sfociarono in seguito nel militarismo, fino alla disfatta della guerra.
I kimono meisen, con il loro design moderno e popolare e i loro colori vivaci, quasi a richiamare lo splendore degli antichi kimono dell’era genroku, sono protagonisti della nuova mostra presso l’Istituto Giapponese di Cultura di Roma, che rientra negli eventi celebrativi del 150° anniversario delle relazioni tra Giappone e Italia.
Ve ne parlo in maniera più dettagliata qui: La mostra Vivid Meisen a Roma.