Avevo iniziato a scrivere questo articolo ben prima del mio “convolare a giuste nozze” e posso dire che rappresenta in pieno il mio modo di approcciare le cose nella vita. Ci sono argomenti infatti di cui non so davvero un tubo (ad esempio il funzionamento di un motore), poi nel momento in cui mi capita di doverli affrontare per un motivo o per un altro, inizio a sviscerarli fino a diventare un’esperta mondiale del settore (o quasi). Oggi quindi, intendo parlarvi un po’ di come funzionano le cose in Giappone, quando si parla di matrimonio.
In questi mesi ho studiato un bel po’ la questione matrimonio in Italia e anche in Giappone, ovviamente, curiosa di capire quali fossero le differenze tra i due paesi e le tradizioni, più o meno sentite. Ed oltre ad aver scoperte cose che voi comuni mortali non potete immaginare, sono arrivata alla (ovvia?) conclusione che al netto delle più o meno diverse usanze che possono contraddistinguere i vari Paesi, ma anche le diverse regioni d’Italia, il matrimonio è di base la stessa roba ovunque: preparativi dalla durata variabile di un anno, o anche di più se ci si vuole accaparrare luoghi particolarmente gettonati in periodi particolarmente gettonati, la dura e difficile ricerca dell’ABITO PERFETTO (sì, con le maiuscole), i costi che comporta l’organizzazione di un ricevimento di nozze, le famiglie che si impicciano, l’incubo dell’organizzazione dei tavoli. In questo ho scoperto che Italia e Giappone non sono poi così lontani, e quando si parla di matrimonio sento di poter affermare con una certa sicurezza che alla fine tutto il mondo è paese.
Ora non vi tedierò con le tradizioni italiche, che suppongo conosciate più o meno tutti, né con le tendenze degli ultimi anni sul mondo dei matrimoni (ci si potrebbe scrivere interi trattati su questo argomento). Ma la cosa che ho notato, che si tratti di matrimoni italiani o giapponesi, è che se non ci si ancora fedelmente alle proprie tradizioni, c’è una forte influenza statunitense nel modo di concepire il matrimonio, probabilmente anni di film d’amore ci hanno tutti un po’ rimbambito posso supporre, ma se in Italia va forte la cerimonia all’aperto, con tanto di archetto di fiori e lettura di promesse, in Giappone da anni ormai è si diffusa l’idea del matrimonio “cristiano”. In pratica, ad un certo punto è arrivata la moda di sposarsi all’occidentale in chiesa, con tanto di abito bianco e velo, e da qui è sorto un vero e proprio business, con innumerevoli chiesette non consacrate dove celebrare il rito che siamo anche noi abituati a vedere, ovviamente senza alcuna valenza religiosa.
Ma ora, vediamo invece nel dettaglio come funziona il matrimonio tradizionale giapponese.
LA BUROCRAZIA
Prima di tutto, va detto che, a differenza dell’Italia dove esiste il matrimonio concordatario, che di fatto riconosce effetti civili al matrimonio canonico, in Giappone il matrimonio è esclusivamente civile, e si effettua in comune compilando un certificato che deve essere firmato da entrambi e da un testimone. E tra le curiosità varie nipponiche, possiamo annoverare anche dei certificati di matrimonio piuttosto bizzarri, come questo a tema Sailor Moon XD
Comunque, stavo dicendo che celebrazioni e i riti religiosi connessi si effettuano solo in seguito, e sono slegati dal matrimonio inteso da un punto di vista “burocratico”, ma rimangono ovviamente il modo più sentito per festeggiare la nuova unione. In questo non è molto dissimile dal matrimonio civile italiano, sebbene le pratiche burocratiche da noi siano leggermente più arzigogolate (ma non stupiamoci, siamo pur sempre in Italia) tra giuramenti, attese di pubblicazioni e celebrazione effettiva con lettura degli articoli del codice civile (non vi racconto poi, di quando all’anagrafe sbagliano il numero del vostro atto di nascita, e vi trovate misteriosamente già sposate #truestory).
LE USANZE
Venendo al matrimonio tradizionale, c’è da dire che le usanze in Giappone sono diverse, il rito con cui si celebrano la maggior parte dei matrimoni è quello shintō, ma c’è una percentuale di matrimoni celebrati con rito buddhista.
Quando una coppia di fidanzati decide che è il momento di sposarsi, viene organizzata di solito una cena di fidanzamento chiamata yuino 結納, in un giorno considerato propizio, e in cui ci si scambia regali beneauguranti per i futuri sposi, secondo una lista chiamata mokuroku 目録. Il regalo principale alla futura sposa è un obi, che rappresenta la virtù femminile. Al futuro sposo, invece, viene donato un hakama, simbolo di fedeltà. Oltre a questi, la lista regali include altri nove oggetti che simboleggiano fortuna e felicità, consegnati in questo ordine:
- Naga-noshi: conchiglie di abalone, simbolo benaugurante.
- Soldi, un regalo se vogliamo universalmente apprezzato. Vengono consegnati all’interno di una busta chiamata shugibukuro: una bella busta decorata chiusa da nastri d’oro e argento.
- Katsuobushi: tonno secco, ingrediente importante nella cucina giapponese che si conserva a lungo: simboleggia l’augurio per un amore duraturo.
- Surume: seppia secca, che simboleggia l’augurio per un lungo matrimonio.
- Konbu: alga che, per la sua capacità di riprodursi velocemente, viene regalata ai futuri sposi come augurio per una famiglia numerosa e in salute.
- Shiraga: canapa, simbolo di una famiglia dai legami forti. Il significato letterale della parola è “capelli bianchi”, possiamo intenderlo come l’augurio di invecchiare insieme.
- Suehiro: ventaglio donato alla coppia come augurio di felicità e di un futuro prospero.
- Yanagidaru: oggi consiste in un regalo in denaro come contributo per l’acquisto del sake, ma in origine consisteva nel dono di un barile di sake.
- Barili di sake: simboleggiano l’obbedienza e la gentilezza nel matrimonio.
I matrimoni in Giappone in origine erano combinati: la pratica dell’omiai お見合い consisteva nel far incontrare due persone libere da legami sentimentali a scopo matrimoniale. Un ruolo importante in questo incontro veniva svolto dal nakōdo (仲人), il sensale, che ha un ruolo di intermediario tra le due famiglie.
A differenza di quanto accade di norma in Italia, il rito del matrimonio è considerato qualcosa di molto intimo, ed è per questo motivo che alla cerimonia partecipano solo i familiari degli sposi, i parenti più stretti e i testimoni. Il resto degli invitati raggiunge gli sposi al ricevimento per i festeggiamenti.
Come poi potrete immaginare, in Giappone, come in Italia, ci sono periodi più gettonati per il matrimonio, e se qui il mese per eccellenza dei matrimoni è giugno, in Giappone i mesi preferiti per il matrimonio sono ovviamente quelli primaverili e autunnali, ma c’è un’altra cosa da tener presente nella scelta del giorno delle nozze: i giorni considerati fortunati nel calendario shinto, quindi quelli in cui gli dei sono più predisposti a benedire l’unione.
LA CERIMONIA
La cerimonia tradizionale viene in genere celebrata nei santuari, tuttavia oggi è diffusa anche l’usanza di celebrarlo nelle abitazioni (nel tokonoma, l’alcova della casa) oppure in ristoranti e hotel attrezzati con santuari all’interno, così da poter fare nello stesso posto cerimonia e ricevimento.
La cerimonia inizia con un rituale di purificazione: il celebrante agita sulla testa dei presenti un ramoscello di sasaki (camelia giapponese), considerata un albero sacro, dopo di che la sposa e lo sposo si scambiano per tre volte una tazza di sake, dalla quale entrambi dovranno bere, secondo il rito del san-san-kudo (letteralmente 3, 3, 9 volte, un rituale cinese, integrato in seguito nella tradizione giapponese), che simboleggia l’unione tra i due sposi, e tra le due famiglie.
Dopo di che, lo sposo fa le promesse per entrambi, il sacerdote dona il ramoscello di sasaki, e segue a questo punto lo scambio degli anelli nuziali (usanza introdotta di recente nella cerimonia, su emulazione della tradizione occidentale). Infine gli sposi, dopo due inchini, faranno passare di mano in mano il ramoscello che sancirà l’unione tra tutti i membri della famiglia. Concluso questo rituale la coppia è considerata sposata.
L’ABBIGLIAMENTO
Per quanto riguarda l’abbigliamento, sia la sposa che lo sposo indossano i tradizionali kimono da cerimonia e, secondo una tradizione chiamata oironaoshi お色直し, ci si cambia d’abito per quattro volte. La sposa di solito indossa lo shiromuku 白無垢, il tradizionale kimono da cerimonia bianco. Il colore bianco rappresenta la purezza, ma anche la sua nuova vita coniugale e anche la fine della sua infanzia. Si tratta di un capo piuttosto pesante, e molto elegante e sofisticato, usato principalmente nelle cerimonie shinto. Anche tutti gli accessori usati saranno di colore bianco.
L’altro abito tradizionale da sposa è l’irouchikake 色打掛, che si differenzia dall’altro per i suoi sgargianti colori, ed è realizzato con un tipo di broccato in seta piuttosto spesso e pesante con l’orlo sul fondo di esso leggermente imbottito, spesso decorato con motivi di gru, che vengono considerate di buon auspicio per la coppia per una vita coniugale lunga e serena. Quest’ultimo viene spesso preferito per le cerimonie buddhiste o civili, oppure usato dopo quello bianco per il ricevimento.
Sopra l’acconciatura tipica, chiamata bunkin takashimada, la sposa solitamente indossa tsunokakushi o lo watabooshi (la versione più voluminosa), copricapo di seta bianca. Tsunokakushi letteralmente significa “corna di demone”, e servirebbe appunto a coprire le corna, segno di gelosia, domando in questa maniera le sue manifestazioni di rabbia e gelosia, rendendo in questo modo la sposa ubbidiente e sottomessa al marito.
Lo sposo invece indossa lo hakama 袴, che nella versione matrimoniale è a righe bianche e nere, uno haori 羽織, soprabito, e il montsuki 紋付, kimono nero decorato con gli stemmi di famiglia, molto formale.
Sicuramente il matrimonio tradizionale giapponese si contraddistingue per la bellezza dei colori e l’eleganza molto formale, e personalmente, per quanto non ami lo scimmiottamento delle culture altrui, nel mio matrimonio ho voluto comunque a dare un leggero tocco giapponese al tutto, la prossima volta vi propongo alcune idee semplici per un matrimonio japan-inspired 😉
Alla prossima!
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