Tokyo, giorno 2 e 3
2 giorni a spasso per la zona ovest di Tokyo, tra disavventure oculistiche, tifoni e gatti.
Ok, diciamo che i nostri primi 3 giorni a Tokyo non sono andati esattamente come avevo previsto. Alla botta iniziale da jet lag ero preparata; purtroppo, in aereo trovo difficilissimo addormentarmi, e la partenza di mattina non aiuta: parti che sei sveglissimo, e in procinto di atterrare ti arriva la botta di sonno pazzesca, quella che dice al tuo corpo che è giunta l’ora di andare a dormire, mentre dall’altra parte del mondo la giornata è appena cominciata.
Dopo il primo giorno di viaggio, fusi da fuso, ma tutto sommato con una soglia di rimbambimento ancora accettabile, ci svegliamo il giorno seguente con una bellissima giornata di sole (l’unica beccata a Tokyo), e con una tremenda irritazione all’occhio del mio caro compagno di avventure e di vita. La colpa è stata imputata all’aria condizionata e alle lenti a contatto, per fortuna non è durata a lungo, ma vogliamo parlare dei giri fatti tra combini, farmacie, supermercati alla ricerca di due semplici cose, cioè il collirio e la camomilla per gli impacchi? Alla fine mi sono ritrovata con un pacchetto di camomilla trovato a caso in un supermercato vicino l’hotel, dopo che al combini mi hanno guardato con due occhi così quando ho provato timidamente a chiedere se avevano della camomilla, e mi sono sentita rispondere: 飲み物? Si beve? Ottimo, direi, siamo a cavallo! XD.
In farmacia non è andata molto meglio, al reparto 「目」occhi, c’erano qualcosa come 20 scaffali di roba varia, ho provato a chiedere al farmacista/commesso spiegando quali fossero i sintomi, e dopo lungo meditare siamo arrivati alla conclusione che potevamo scegliere tra 5 diversi colliri, alla fine ci ha consigliato quello in offerta, un piacevolissimo collirio rinfrescante (come recitava la confezione: フレッシュ, Fresh) al gusto? aroma? essenza? di mentolo. Una vera gioia per gli occhi arrossati e irritati (no, tranquilli: il marito è sopravvissuto e non ha chiesto il divorzio). Così, dopo una serie di impacchi, gocce rinfrescanti e bendaggi vari, siamo pronti per muoverci.
Come prima tappa ci rechiamo a Harajuku e allo Yoyogi Kōen: dopo aver fatto due passi nel quartiere, ci godiamo una bella passeggiata nel parco, insieme a famiglie e amanti del fitness. È domenica mattina e si respira un’aria piacevole e rilassata in giro, non c’è caos e non c’è fretta di correre.
Tutto questo prima di buttarci nel trambusto di Takeshita Street: gente, gente ovunque.
Ma che bello a volte buttarsi nel caos brulicante della città, a me dà un senso di vita, di gioia e follia. Tra negozietti vari e l’immancabile crepes (la mia al gusto tiramisù, tanto per non farci mancare nulla!), lasciamo a poco poco la confusione di Harajuku per spostarci verso la più tranquilla Ebisu: direzione Yebisu Garden Place (恵比寿ガーデンプレイス), una delle “città nella città” di Tokyo dall’aria vagamente europea con i suoi edifici in mattone, dove si può visitare gratuitamente il museo della birra Yebisu (proprio qui infatti si trovava il birrificio).
Ebisu, o Yebisu 「恵比須」è il dio protettore dei pescatori e dei mercanti, oltre ad essere una delle sette divinità giapponesi della fortuna, le Shichifukujin 「七福神」. E la birra Yebisu prende il suo nome proprio dalla famosa divinità: creata nel 1890 dalla Japan Beer e in seguito diventata della Sapporo, è stato poi il birrificio stesso a dare il nome al quartiere (birrificio trasferito in un’altra sede nel 1988).
Dalla stazione si arriva facilmente passando attraverso un passaggio pedonale chiamato Yebisu Skywalk che conduce dritti allo Yebisu Garden Place. Da qui in poco si arriva al museo. Il museo non è grandissimo e si visita in poco tempo, di fatto non è altro che una galleria che ripercorre la storia del birrificio. Volendo c’è la possibilità di effettuare una visita (esclusivamente in giapponese) che comprende una degustazione guidata, inoltre c’è anche un’area degustazione, un vero e proprio pub dove poter assaggiare una o più delle 5 birre presenti al costo di 500 Yen.
Anche se amo molto la birra, in particolare la Yebisu, non avendo praticamente mangiato nulla dalla mattina decidiamo di passare: è quasi ora di pranzo, sarei tentata di fermarmi in uno dei localini della zona, ma alla fine ci sostiamo verso la zona di Meguro: a pranzo ci aspetta una super scodella fumante di ramen (lo stesso di cui aveva Patrick sul suo blog Orizzonti).
Non impieghiamo molto a trovare il locale, dopo una piacevole passeggiata nel quartiere, ma siamo affamatissimi, non vediamo l’ora di tuffarci nel gustosi tagliolini in brodo! Ordiniamo una porzione di gyoza (probabilmente i più buoni che ho mai mangiato, talmente buoni che sono stati spazzolati via in un lampo senza lasciare il tempo di fare una foto) e due scodelle di ramen con wonton. Eccezionale è dire veramente poco.
Il pomeriggio invece è dedicato a Nakameguro「中目黒」, una tranquilla zona residenziale di Tokyo in cui si respira un’atmosfera completamente rilassata (relax è la parola chiave della giornata). È una zona di Tokyo che amo molto, lontana anni luce dai “fasti” di Shibuya e Shinjuku in cui è possibile realmente scoprire una dimensione più a misura d’uomo, più easy. Il quartiere dà sicuramente il meglio di sé con la primavera, con i suoi magnifici ciliegi che fioriscono lungo il fiume Meguro (che mi ricorda quasi un canale di Amsterdam) e che tingono la zona di rosa.
Il bello di questa zona è di non seguire un determinato itinerario o percorso, ma seguire il mood generale, lasciarsi trasportare e passeggiare lungo il fiume, tra localini e negozietti dall’aria vintage e un po’ chic. Non per niente è la zona più amata da artisti, designer e creativi in generale. Non so quanto tempo passo a camminare lungo le strade del quartiere, perdendomi dietro a odori e ispirazioni del momento. Potrei trascorrere anche tutto il giorno così, adoro passeggiare senza meta in una città.
Cala la sera, e decidiamo di trascorrerla a Shinjuku, il cuore della movida giapponese, dove penso sia davvero impossibile annoiarsi o non trovare qualcosa da fare. Camminiamo tra le strade del quartiere illuminato quasi a giorno tra le mille luci al neon, passeggiamo a Kabukichō (e subito il mio pensiero corre a Natsuo Kirino, e alla sua Notte dimenticata dagli angeli), e non ci facciamo mancare una tappa a Golden Gai, la zona famosa per i suoi tantissimi bar di dimensioni microscopiche.
Preferisco però continuare a passeggiare per Kabukichō, che trovo una zona più onesta e vitale. Per cena alla fine ci decidiamo a entrare in uno dei localini di Omoide Yokocho, dove facciamo scorta di yakitori e tsukune, che bontà!
Il TG della sera ce l’aveva anticipato, ben due tifoni erano previsti, e puntale come un orologio svizzero, ecco qua Mindulle: la mattina dopo ci alziamo con un cielo nero che più nero non si può, e con un temporale e un vento fortissimi. In teoria avevo programmato per la mattinata un’escursione a Kawagoe che ovviamente salta, la prefettura di Saitama è tra le più colpite dal tifone.
La soluzione migliore sarebbe quella di godersi un bel museo, stavo per considerare quale visitare quando una terribile intuizione si fa strada nella mia testa: oggi è lunedì, ergo quasi tutti i musei di Tokyo sono chiusi, ergo ce la prendiamo in quel posto. A quel punto cosa si fa? È vero, potevamo approfittarne per un po’ di shopping selvaggio, e i negozi in Giappone danno sempre grosse soddisfazioni da quel punto di vista, ma non avevo granché voglia di chiudermi in centri commerciali, dopo lungo meditare optiamo per un Neko Bar. Perché se la vita, e il cielo, ti mandano tifoni, cosa c’è di meglio che consolarsi con un quadrupede peloso e ciccioso?
Ovviamente tra i diecimila locali gattari di Tokyo, noi decidiamo di raggiungere un luogo decisamente lontano dal nostro hotel: ci muoviamo verso Kichijōji, quartiere periferico a ovest di Tokyo (non lontano dal Ghibli Museum), dove si trova il famoso parco Inokashira. Nonostante i ripetuti allarmi di ritardi lungo la linea ferroviaria e metropolitana, non riscontriamo grossi problemi di spostamento in città, le linee circolano abbastanza regolarmente e senza troppi ritardi (per lo meno, in base agli standard cui sono abituata a Roma).
Così, dopo che alla stazione di Tokyo mi hanno anche fermata per fare un’intervista sul tifone, (e che non la vuoi fare un’apparizione in TV? Che poi non so quante volte ormai sarò finita sulla TV giapponese, tra programmi e interviste varie), ci mettiamo in marcia verso il nostro Neko Cafè (questo per la precisione).
Kichijōji è a mio parere un quartiere molto carino e piacevole dove trascorrere qualche ora, e durante il tifone si rivela essere una salvezza, data la presenza di una classica Arcade (galleria commerciale coperta) ricca di negozietti e ristoranti.
Il Neko Cafè poi è carinissimo e davvero curato negli arredi. Dopo essere passati per l’accettazione e aver tolto le scarpe, abbiamo varcato la porta che ci ha condotto in una sorta di universo fatato fatto di musiche rilassanti e colori caldi, sembra di essere entrati in un bosco magico: al centro dell’unica stanza c’è una grande struttura a forma di albero e una a forma di lumaca (mi sembra, almeno). Il locale è davvero rilassante, è facile dimenticarsi del tempo che scorre, sembra di stare in una dimensione ovattata, in cui le star sono ovviamente loro: i gatti. All’interno del Neko Cafè sono ospitati 17 gatti di razza, e le ragazze del bar ci tengono a farceli conoscere tutti, presentandoli uno alla volta con tanto di nome, età e carattere. Ordiniamo qualcosa da bere e ci divertiamo a giocare con i gatti, fuori si sta scatenando l’inferno, ma all’interno siamo circondati da calore e coccole feline. Una delizia per l’animo.
Il costo è un po’ altino, i Neko Cafè in effetti costano un po’ più dei normali bar, qui si paga un ingresso di 1,200 Yen a testa + la consumazione (a partire dai 500 Yen per un succo di frutta a salire). Alla fine abbiamo speso oltre i 3,000 Yen in totale.
Quando usciamo dal locale, il tempo se vogliamo è addirittura peggiorato, il vento è fortissimo, e ci rifugiamo nuovamente nella galleria Sunroad, la zona commerciale di prima, dove in una delle strette stradine laterali troviamo un localino niente male dove mangiare yakitori, accompagnati da una Yebisu ghiacciata.
Ma il nostro girovagare per Tokyo non si ferma qui, lo vedremo nelle prossime puntate 😉
Informazioni utili:
Yebisu Garden Place e museo della birra Ebisu: a circa 10 minuti a piedi dalla stazione Ebisu della JR Yamanote (si raggiunge facilmente attraverso lo skywalk direttamente dalla stazione, che vi conduce fino all’ingresso dello Yebisu Garden Place). Il museo è aperto dalle 11 alle 19 (ultimo tour guidato alle 17:10, nei week-end fino alle 17.30), chiuso il lunedì.
Kazuya Ramen かづ屋 si trova a Meguro, dalla stazione JR a piedi si raggiunge in circa un quarto d’ora. L’indirizzo è: 3-6-1 Shimomeguro – Meguro. Una scodella di ramen viene circa 1,000 Yen.
Neko Bar Temari no Ouchi てまりのおうち si trova a Kichijōji, città di Musashino a ovest di Tokyo. Per arrivare alla stazione di Kichijōji si può prendere la JR Chuo Line dalla stazione di Tokyo o da Shinjuku, oppure la Keio Inokashira Line da Shibuya. L’indirizzo del Neko Bar è: 2-13-14 Kichijōji Honchō Musashino [3° piano].
Che meraviglia il Neko Cafè! Non sono mai stata in Giappone ma davvero non vedo l’ora di viverlo!!!
Ciao Claudia e benvenuta da queste parti! 😀 il neko cafè è tra le cose più carine da fare in Giappone, e una salvezza in caso di pioggia! Ti auguro di poterci andare presto! 🙂
Oggi ho comperato il catalogo della mostra di Hokusai, Hiroshige, Utamaro a Palazzo Reale di Milano. La visione delle immagini e la ricerca di notizie sul Mondo Fluttuante (utilissimo il tuo articolo di qualche tempo fa) mi hanno portato qui. Che meraviglia davvero! Le foto da Kanazawa sono da sogno…..
Grazie.
Grazie a te per questo bel commento, non può che farmi piacere. Io andrò a visitare la mostra a novembre, e non vedo l’ora, è così raro in Italia assistere ad eventi che coinvolgono così tanto il Giappone, e l’arte ukiyo-e.
A presto e grazie ancora 🙂