Ci lasciamo alle spalle il caos cittadino di Kanazawa: mi ripeto che siamo rimasti troppo poco per poterne assaporare l’anima, una città che mi ha regalato scorci unici e bellissimi, ma che non mi ha conquistato come avrei voluto, e come pensavo. Ma adesso siamo diretti verso una nuova meta: dopo un pranzo veloce nella bellissima e futuristica stazione di Kanazawa, prendiamo il nostro autobus Nohi che ci condurrà tra le montagne giapponesi, in uno scenario che sognavo da tempo di visitare. Ci stiamo dirigendo verso il villaggio di Shirakawago, sito storico inserito nella lista dei Patrimonio Unesco nel 1995, nella valle del fiume Shogawa.
Shirakawago: giorno 6
Lo dico subito: Shirakawago si è presa un pezzo del mio cuore, e devo dire, nonostante tutto ciò che avevo letto in giro, non credevo mi avrebbe fatto questo effetto. Anni fa, ai tempi delle mie prime scoperte in Giappone, non ne avevo quasi sentito parlare, anche se ricordo che iniziava a essere inserito tra le tappe degli itinerari classici proposti dai tour operator, e ciò per me era sufficiente per bollarlo come luogo meramente turistico, a uso e consumo del turismo di massa, dei pullman che riversano sulle strade frotte di turisti con le macchinette al collo, pronti a mettere la bandierina su più luoghi possibili, senza mai comprendere realmente ciò che stanno vedendo.
Ora, che l’area di Shirakawago sia un luogo squisitamente turistico è innegabile: Ogimachi è di fatto un villaggio “finto”, nel senso che qui è dove sono state trasportate e ricostruite le vecchie abitazioni gassho-zukuri ( 合掌造り letteralmente: mani giunte a preghiera, nome che si ispira alla forma di queste case particolari, con i tetti di paglia a spiovente, che servivano a sostenere le forti nevicate della zona), abbandonate dai contadini e che man mano andavano cadendo in rovina. Tutto qui sembra fatto per suscitare stupore e attrazione, per far esclamare”ooohh” alle orde di visitatori che vengono accolti giornalmente nel villaggio.
E ci riesce. Tutto è artefatto e allo stesso tempo estremamente reale, e il contesto in cui è stato sviluppato questo progetto è di un incanto unico. Una valle incastonata tra le montagne, intorno a noi soltanto il verde tra i monti e l’azzurro del cielo, appena il pullman ci conduce in questa zona sembra di entrare dritti in un altro mondo, una realtà completamente disconnessa dalla nostra. È facile dimenticare la città con i suoi rumori, la sua frenesia, le sue luci: qui siamo in un’altra dimensione, riscopriamo un mondo più lento, in cui si è circondati soltanto dalla natura e dai suoi impercettibili mutamenti.
Non riesco a dare una spiegazione di quanto questo luogo magico mi sia piaciuto, a volte semplicemente le parole non bastano a rendere tutte le sfaccettature della realtà, e penso che non sia necessariamente un male, quando non tutto è perfettamente incasellabile in una determinata definizione. A volte, semplicemente, le parole sono limitanti.
Devo dire che siamo stati particolarmente fortunati: abbiamo incontrato una giornata splendida, con un cielo limpido e una luce tersa, così rari da trovare in piena estate, che hanno illuminato il villaggio in tutta la sua bellezza. Non è facilissimo perché i posti sono sempre piuttosto limitati, ma il mio consiglio è quello di fermarsi a dormire qui, un’esperienza unica che permette di vivere al meglio il villaggio e di conoscerlo in un’atmosfera più intima; è vero che spesso Shirakawaga è utilizzato come tappa intermedia tra Takayama e Kanazawa e forse poche ore possono essere sufficienti a girarlo, ma sufficiente è troppo poco a mio parere. Perché la bellezza da scoprire in questo luogo è tanta, e c’è bisogno del giusto tempo per permetterci di afferrarla fino in fondo, e per capire che oltre alla bellezza naturalistica del luogo, le case raccontano storie di una vita durissima, regolata dalle stagioni e fatta di lavori pesanti e di condizioni estreme.
Arriviamo nel primo pomeriggio e ci dirigiamo verso il minshuku che ci ospiterà per la notte: diverse delle antiche abitazioni gassho-zukuri sono state infatti riconvertite in alloggi per turisti, e l’esperienza di dormire in una di queste antiche case, in un clima assolutamente famigliare è una delle cose più belle da vivere. Il minshuku ha poche stanze, e sono tutte senza chiave: la sensazione è proprio quella di stare in famiglia.
Ma prima della cena, ci dedichiamo alla scoperta del villaggio: ogni angolo, ogni strada, ogni casa emana fascino e bellezza, si possono perdere ore a fotografare ogni più piccolo dettaglio.
Attraversiamo il bellissimo ponte sospeso sul fiume e ci dirigiamo verso il Gassho-zukuri Minkaen, il museo a cielo aperto dove sono state collocate 25 case abbandonate, e rese accessibili al pubblico. Le case sono molto grandi e di solito si sviluppano su 3 o 4 piani, progettate per famiglie numerose, e il piano superiore veniva solitamente adibito all’allevamento dei bachi da seta.
Riempirsi gli occhi di bellezza, e dei magnifici colori della natura. È questa la sensazione che si prova camminando per il villaggio. Non manca molto all’ora di cena (nei minshuku solitamente si mangia alle 18.30) e incominciamo a incamminarci sulla strada del ritorno, ma prima non resistiamo alla tentazione di “pucciare” i piedi nel fiume. L’acqua fresca ci rigenera, potremmo rimanere così per ore: in silenzio, a osservare ciò che ci circonda e a contatto con l’acqua che scorre sotto i nostri piedi.
Il villaggio andando verso sera cambia completamente faccia: le strade si fanno man mano più vuote e silenziose, i negozi di souvenir e i ristorantini cominciano a chiudere, ci si sente completamente soli, immersi nel nulla.
Il nostro girovagare è finito e siamo tornati nella nostra stanza. L‘okaasan ci chiama per la cena: lo spettacolo che ci accoglie è quasi commovente, la cura nella presentazione e la gentilezza dimostrataci è un qualcosa di cui si riesce sempre a stupire, in questo paese.
La cena è deliziosa e la gustiamo in compagnia di una simpatica famigliola giapponese: nonni, genitori e nipoti tutti insieme. È una serata piacevole e l’atmosfera è assolutamente rilassata. Dopo cena non posso resistere alla tentazione di farmi un bel bagno rigenerante, qui disponiamo di un classico sento, abbiamo le docce e gli sgabelli per lavarci, e poi la vasca con l’acqua bollente dove immergerci.
Non è tardissimo (saranno massimo le 20.30) ma nel villaggio è calata la notte, che qui vuol dire oscurità totale. Era tanto che non mi capitava di trovarmi in una situazione di buio assoluto, noi così abituati alle luci vorticose della città: proviamo a fare due passi nel villaggio e sembra davvero di essere sospesi in un’altra dimensione, fuori dal tempo e dallo spazio, con una sola certezza: il cielo stellato sopra di noi.
La nostra giornata qui è finita, l’indomani ci attendono la colazione tipica, di nuovo insieme alla nostra famigliola giapponese, e poi ancora il pullman che ci riporterà a Kanazawa. Il nostro viaggio si avvia verso la fine, ci attende un lungo trasferimento che ci condurrà fino alla valle del Kiso, di nuovo persi tra le montagne del Giappone.
Informazioni utili:
Come arrivare: ci sono collegamenti in autobus dalle città di Kanazawa (90 minuti circa) e Takayama (50 minuti circa). Sulla pagina di Nohi Bus trovate orari e prezzi, mentre a questa pagina potete acquistare i biglietti.
Dove soggiornare: il consiglio è quello di trascorrere la notte in uno dei gassho-zukuri convertito a minshuku, potete prenotarlo tramite il sito Japanese Guest Houses. Noi abbiamo soggiornato nel minshuku Kanja, che si trova su una collinetta in alto, non lontano dal Myozenji.
Gassho-zukuri Minkaen mi ricorda tantissimo un museo in Finlandia, anche lì ci hanno trasportato le case di un tempo e ne hanno fatto un museo a cielo aperto 🙂 però è su un’isola!
Deve essere stupendo, non conosco la Finlandia ma spero di riuscirci ad andare un giorno. Trovo che sia molto bella la volontà di preservare quanto più possibile le antiche case e tradizioni, che altrimenti verrebbero completamente dimenticate. Ti ringrazio per la visita 🙂
Concordo, è davvero un posto dove dormire. Visitare Shirakawa-go in giornata non le rende affatto giustizia! Bellissime foto.
Ti ringrazio Patrick, l’esperienza di pernottare qui è stata una delle più belle vissute in Giappone, Shirakawago vale sempre la pena anche per poche ore, ma hai ragione, non le rende per niente giustizia, e spero di poterla nuovamente vivere in inverno, deve essere uno spettacolo meraviglioso.
Ciao Daniela, volevo in primis farti i miei complimenti per il tuo blog (bellissimo, tra l’altro) e secondo, Shirakawa-go è una delle mete che più mi affascina del Giappone. Un domani, quando andrò in Giappone, deve essere la prima tappa. Shirakawa-go sembra come se ti catapultasse indietro nel tempo nel periodo Muromachi.
Ciao Laura, grazie mille per i complimenti e benvenuta da queste parti 🙂
Decisamente è una tappa da mettere in lista, e che merita tutto il tempo del mondo. Un luogo unico e incantato, in cui si ha davvero la sensazione di vivere un altro Giappone. Ti auguro di poterci andare prestissimo! 🙂