Dopo mesi di pausa, è finalmente tornato l’appuntamento con il nostro bookclub dedicato alla letteratura giapponese, #LibroGiappone.
Il libro che stavolta abbiamo scelto per la lettura virtuale è Tokyo Express (Ten to sen) un giallo di Matsumoto Seichō del 1958, incentrato su orari e nomi di treni (un’ossessione di Matsumoto) per un’indagine particolareggiata che corre lungo i binari di tutto il Giappone, che attraversiamo dal sud al nord.
Titolo originale: Ten to sen (点と線)
di Matsumoto Seichō
Traduzione Gala Maria Follaco
Edizione Adelphi (su Amazon a 15,30 €)
Quel libretto pieno di numeri e non solo di ideogrammi è divenuto ormai una delle letture che amo di più. Il mio diletto solitario, un sogno fluttuante.
Matsumoto Seichō ha segnato la rinascita del genere poliziesco nel Giappone del dopoguerra. Prima di lui, l’autore più noto del genere è stato Edogawa Ranpō, che di fatto ha introdotto in Giappone il romanzo giallo tradizionale (per una breve storia del romanzo poliziesco in Giappone puoi leggere questa pagina: gli anni d’oro del Poliziesco in Giappone).
Il giallo di Matsumoto, pur conservando l’aspetto del poliziesco classico, basato sulla triade crimine-indagine-soluzione, viene di fatto considerato un giallo realistico, per la sua attenzione ai dettagli della vita quotidiana, che diventano la chiave stessa per la risoluzione dei casi, ed è soprattutto un giallo sociale, in quanto indaga e pone l’accento sulla realtà dei problemi sociali della sua epoca, la corruzione, i disastri finanziaria, gli scandali sessuali.
Il giallo viene da sempre considerato un genere “metropolitano”, profondamente legato allo sviluppo urbano e ai problemi ad esso legato, e questo aspetto è presente nello stesso Matsumoto e nel suo romanzo più famoso, Ten to Sen, letteralmente Punti e Linee (nella nuova edizione Adelphi è stato tradotto col titolo Tokyo Express).
La storia che Matsumoto ci racconta nel suo stile asciutto, sintetico, prettamente giornalistico, si muove lungo i binari dei treni di tutto il Giappone, dipanandosi tra Tokyo, il Kyūshū e l’Hokkaido.
Un vero e proprio viaggio che il lettore vive insieme ai protagonisti, nel tentativo di risolvere un caso all’apparenza impossibile: un doppio suicidio d’amore, tema caro alla letteratura giapponese, di Sayama Ken’ichi, funzionario di un Ministero giapponese coinvolto in un grosso scandalo per corruzione, e Otoki, una giovane intrattenitrice di un ristorante di Akasaka, i cui corpi sono stati ritrovati nella baia di Hakata. L’apparenza non lascia dubbi circa la dinamica del caso, eppure…
Le persone tendono ad agire sulla base di idee preconcette, a passare oltre dando troppe cose per scontate. E questo è pericoloso. Quando il senso comune diventa un dato di fatto spesso ci induce in errore. Anche se una situazione ci sembra chiara, con le nostre indagini dovremmo sempre cercare di capovolgerla e metterla in discussione.
Un’indagine del caso non dovrebbe neanche sussistere, essendo stato archiviato come “suicidio”, ma ci sono diverse cose che non tornano al vecchio detective Torigai Jūtarō, che diffida dalle idee preconcette e che partendo da un dettaglio insignificante, porterà a sgretolare tutte le certezze fin lì messe insieme. Allo stesso modo, il giovane collega Mihara Kiichi, della polizia di Tokyo, vuole andare oltre l’ipotesi di un semplice suicidio, ma come dimostrarlo? Tutto si basa su mere supposizioni, su quegli orari dei treni che non mentono, sono dati di fatto, e che rappresentano un pretesto che ci permette di muoverci tra i diversi luoghi del Giappone, diventando i veri protagonisti del romanzo.
Nasce così un’indagine minuziosa, a tratti ossessiva, in cui gli stazioni e gli orari dei treni (i punti e le linee del titolo) sono il fulcro fondamentale su cui è costruito tutto il caso: una serie di collegamenti in cui tutto ruota intorno a una manciata di minuti, ma per dimostrarlo bisogna abbattere il muro dell’evidenza.
Tutto il romanzo si muove in equilibrio precario tra l’immaginato e l’azione reale: sono i dettagli minuscoli e insignificanti a condurci, con tutta la pazienza e la determinazione del detective Mihara, alla risoluzione del caso, che tuttavia alla fine non vede né vincitori né vinti, ma l’amara constatazione dell’impossibilità di cambiare lo stato delle cose.
Matsumoto, definito il Simenon giapponese, nei suoi romanzi muove un’aspra critica sociale alla realtà del dopoguerra, alla corruzione dilagante, ai rischi dell’espansione urbana incontrollata, e in questo i treni, ossessione tanto di Matsumoto, quanto del detective Mihara, sono l’esemplificazione perfetta della modernità, di una realtà che si muove sempre più veloce, con tutte le sue ombre e i suoi risvolti alienanti, che diventano il motore del crimine: non più risultato di un vissuto individuale, ma prodotto di strutture evidentemente difettose.
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Mi piacciono i gialli, lo leggerò!
Grazie per la bella recensione ?
Buona Pasqua!
Sid
Te lo consiglio, è una lettura scorrevole e avvincente! Anche se in ritardo, buona Pasqua anche a te! 🙂
Grazie 😀
Bacio
Sid