La gente è convinta che solo il futuro possa cambiare. In realtà, però, il futuro cambia in continuazione il passato. Dobbiamo ammettere che il passato in fondo è una cosa così fragile e delicata che può essere cambiato, o può comunque cambiare.
La musica è proprio questo: dopo aver seguito lo sviluppo del tema iniziale fino alla fine, ci si volta indietro per vedere quale panorama si stenda davanti ai nostri occhi.
Siamo, o ci sentiamo persone definite, le nostre vite scorrono secondo l’andamento che noi abbiamo deciso, i giorni si sovrappongono uno sull’altro, mentre intorno a noi si muove il mondo e le persone che lo popolano. E poi?
Poi, succede qualcosa, ci si innamora, o le nostre vite subiscono un forte scossone, e allora tutto può cambiare: le persone che siamo diventano altro, rispetto a quello che eravamo prima, mutano forma e si adattano alla nuova realtà, andando ad occupare spazi e angoli che nemmeno potevamo immaginare esistessero, e persino la nostra vita passata, che supponiamo sia cristallizzata nel tempo, può modificarsi, davanti alla realtà che ci si para davanti.
Dopo lo spettacolo di Hirano Keiichirō (titolo originale Machine no owari ni, traduzione dal giapponese di Laura Testaverde, edito da Edizioni Lindau) è un romanzo che si muove su diversi piani, e che ci pone davanti a dicotomie i cui confini si fanno sempre più labili: tra passato e futuro, tra libero arbitrio e destino. Cos’è che definisce le nostre esistenze?
Makino Satoshi e Komine Yōko si conoscono a quarant’anni, “nel mezzo del cammin di nostra vita”, come da citazione del prologo, entrambi sul punto di “smarrire la retta via”: lui è un musicista di chitarra classica di chiara fama, un enfant prodige che si trova a vivere un momento di crisi, in seguito a una performance musicale che non riesce a concludere come avrebbe voluto. Proprio quella sera, incontra Yōko, giornalista in procinto di partire per l’Iraq (siamo nel 2006), al cui rientro vivrà un grave disagio, dovuto al PTSD (sindrome da stress post traumatico).
Eppure, dalla sera del loro incontro, le loro vite non potranno essere più le stesse, in loro scatta da subito un’affinità, una complicità e un’intesa che però non può essere subito consumata: e a quell’incontro cercheranno sempre di tornare, tra gli ostacoli di una vita che sembrano tuttavia insormontabili.
Come ci può cambiare l’amore verso un’altra persona? Quando scatta quel sentimento, tutto quello che ci identifica e ci appartiene sembra destinato a rompersi in mille pezzi, per poi ricomporsi in una nuova realtà, una realtà che inesorabilmente cambia anche quello che siamo. Noi siamo sempre noi, eppure ci ritroviamo a cambiare in base a quello che ci succede, e a chi incontriamo sul nostro cammino. Ma possiamo realmente agire e intervenire sul modo in cui il nostro mondo cambia? O è più consolatorio affidarsi al destino, che decide per noi?
Sono queste le domande che Hirano ci pone davanti nel corso della narrazione, per una storia che percorre un arco temporale lungo 5 anni, in cui gli intrecci che sembrano quasi da “romanzo rosa” si alternano a momenti di riflessione introspettiva e psicologica.
I due protagonisti stanno vivendo un momento di crisi, ed entrambi sembrano finalmente trovarsi per dare un senso a questa esistenza. Eppure questa lunga storia ci ricorda quanto a volte il semplice amore di per sé non basti. L’amore si compone di due persone, ma c’è tutto un mondo che si frappone tra Satoshi e Yōko, eventi più grandi di loro, guerre, crisi finanziarie e disastri naturali; le loro vite sono piene di persone, mondi e sentimenti, e tutto il romanzo sarà una ricerca ossessiva per tornare a quella sera, al punto di partenza.
Sebbene fosse un’ipotesi poco realistica, entrambi si sarebbero in seguito domandati, indipendentemente l’uno dall’altro, se quella sera non sarebbe stato possibile restare insieme fino al mattino. Perché negli anni avvenire avrebbero più volte ripensato alla lunga sera del loro incontro come un’eccezione nel loro rapporto.
Perché la loro è una storia che analizzando il romanzo non vive e non si consuma mai nel “presente”, ad eccezione di alcuni momenti: la loro relazione è tutta vissuta a metà tra quel passato che cambia continuamente, e il futuro che viene immaginato.
I momenti di separazione tra i due sono maggiori rispetto ai loro incontri, ed è proprio in questi momenti che assistiamo allo svolgersi reale degli eventi: l’innamoramento nella prima fase in cui si proiettano verso il successivo incontro, che dia un nuovo equilibrio alle loro esistenze; e poi la necessità di seguire il cammino che è stato tracciato, vivere le loro vite nell’assenza dell’altro, che diventa di fatto una costante del loro rapporto.
I loro destini non erano stati consumati dalle fiamme per la rapidità della loro traiettoria ma, al contrario, erano stati schizzati lontano “come sassi lanciati sulla superficie di un lago”, perdendo così per sempre l’occasione di incrociarsi.
Un romanzo davvero ad ampio respiro, in cui c’è il mondo dentro, e che personalmente ho trovato molto lontano dai soliti canoni della narrativa giapponese contemporanea, spesso tutta concentrata nel mondo e nella società giapponese, che diventa a tratti soffocante e alienante. Qui lo sguardo si estende, ed è l’umanità quella che viene raccontata.
Nell’interessantissima intervista a fine libro, Hirano Keiichirō spiega bene il concetto di bujin (“dividuo”) contrapposto a kojin (“individuo”), e di come non si possa semplificare l’esistenza di un essere umano in un’entità “indivisibile” sempre uguale a se stessa, intera e definitiva; non siamo, piuttosto, tutti esseri che si “dividono” sulla base delle relazioni personali, contraddistinti da una personalità frammentaria che muta col mutare delle situazioni e del mondo delle relazioni?
Un tema molto interessante, che si accompagna a quello del tempo che non viene vissuto come lineare, ma come un qualcosa che cambia in continuazione se stesso, e di come gli eventi presenti e futuri vadano a modificare il nostro passato, consentendoci di voltarci indietro e vedere la nostra vita in un’altra prospettiva sempre diversa, che rende la nostra stessa storia ed esistenza qualcosa di “liquido”, mai davvero definitivo.
E voi avete letto questo romanzo? Vi ricordo che potete commentarlo su Instagram insieme a noi, utilizzando l’hashtag #LibroGiappone, potete lasciare un commento qui o anche sul mio profilo IG, dove mi trovate come @tradgiappone.
Vi ricordo inoltre l’appuntamento per sabato alle 17.30 da Inari, books and lifestyle, in via Guastalla 10/D a Torino. Vi aspettiamo per parlare e commentare insieme Dopo lo spettacolo.