50 sfumature di amore in giapponese

parole d'amore in giapponese

Love is in the air.

Lo ammetto, chi scrive non si fregia certo del titolo di persona più romantica dell’anno, però non potevo non cogliere quest’aria di San Valentino che si avvicina, per dedicare un piccolo approfondimento linguistico sulle parole dell’amore in giapponese.

Tra le prime cose che si chiedono, a chi studia una lingua straniera, o a uno straniero in Italia, ci sono due grandi capisaldi intramontabili: come si dice “ciao” (spoiler: è un termine quasi sempre intraducibile, tant’è che spesso viene usato direttamente in italiano anche nelle altre lingue) e come si dice “ti amo”.

E quando mi si chiede come si dice ti amo in giapponese, mi viene sempre un po’ da sorridere: si tratta infatti di un’espressione che noi spesso utilizziamo a cuor leggero, ma che è decisamente diretta e impegnativa, ed è importante valutare le implicazioni sulla lingua e sulla cultura giapponese.

L’amore sembrerebbe essere un concetto universale, ma si compone di tante sfumature differenti, che riflettono la sensibilità e il sentire di una persona, ma anche in generale della cultura in cui questa persona è immersa.

Durante la Restaurazione Meiji (1868-1912), una delle più grandi sfide linguistiche che si sono trovati ad affrontare i linguisti giapponesi, è stato appunto come tradurre la parola “amore” in giapponese.

Dobbiamo ricordarci, infatti, che è necessario considerare tutte le sfumature culturali e sociali insite in una parola: nella cultura giapponese di Edo, ma anche del successivo periodo Meiji, il concetto di amore romantico, per come era inteso in Occidente, semplicemente non esisteva. 

Ti amo in giapponese


Ma insomma, come si dice amore in giapponese? E come si dice ti amo? Non esiste in realtà una risposta univoca, e leggendo l’articolo capirai meglio cosa intendo.

Dopo una lunga serie di discussioni, infatti, fu deciso di utilizzare il kanji  [ai], per tradurre la parola “amore“. Tuttavia, la sfumatura di significato differiva leggermente dal concetto di amore dell’Occidente. Infatti, nella lingua giapponese classica, questo era il kanji che esprimeva l’idea di “affetto”, ma anche il senso di “sollecitudine”, quel desiderio di proteggere l’altra persona, o i propri cari.

Tuttavia, con l’introduzione di parole straniere d’amore, come “love” per l’inglese, o “amour” per il francese, si è di fatto reso necessario estendere il concetto, non solo al senso di “amore romantico”, ma anche a quelli di “amore cristiano” e “amore greco”, che sono stati tutti inglobati nel termine ai.

Di conseguenza, per dire ti amo in giapponese, la traduzione esatta sarebbe questa:

  • 愛して いるAi shite iru

Un’espressione che tuttavia si utilizza di rado: la lingua giapponese, infatti, non è proprio fatta per esprimere in maniera così diretta i propri sentimenti, e non molti giapponesi si sentirebbero così a proprio agio nell’utilizzare un’espressione così diretta e “importante”.

In Giappone, infatti, spesso si tende a dare maggiore risalto al non detto, ai gesti, a ciò che è appena sussurrato, rispetto all’espressione eclatante. Pertanto, il modo più comune per esprimere il “ti amo” in giapponese è dire “mi piaci”.

  • だよSuki da yo.

Si tratta di una frase che rivela all’interlocutore che provate dei sentimenti per lui o lei.

In alternativa, e per esprimere i propri sentimenti in maniera più “decisa”, si può utilizzare quest’altra espressione:

  • Daisuki da.

Mi piaci veramente. In questo caso siamo davanti a una parola più “forte”, abbastanza inequivocabile. Il Kanji 大 apposto davanti alla parola Suki significa infatti “grande” in giapponese, ed enfatizza il sentimento che si esprime.

Amore: una sola parola, due kanji per esprimerla


cuore

Tuttavia, la questione del concetto di “amore” in giapponese non si esaurisce così. Infatti, da un certo momento in poi, si è ritenuto che ai non fosse la parola più adatta ad esprimere questo significato, mentre si è fatto strada il termine 恋 [koi], che è diventata la parola giapponese più vicina a ciò che l’Occidente considera amore romantico. Una delle differenze principali, infatti, che lo distingue da 愛 è che è collegato ai concetti di desiderio e volere

Tuttavia, le parole giapponesi continuano a dimostrarsi abbastanza limitate nell’esprimere determinati concetti di amore e, col tempo, molte parole giapponesi sono state sostituite da parole in prestito, soprattutto dall’inglese. In questo nuovo repertorio, l’equivalente più vicino al concetto di amore mutuato dall’inglese, è diventato appunto ラ ブ [rabu], traslitterazione di love, che traduce letteralmente 「恋すること」Amarsi.  Da qui è nata anche l’espressione ラ ブ ラ ブ, love-love un modo di dire che descrive la classica coppietta sdolcinata.

Ma tornando alle parole squisitamente giapponesi, vediamo un attimo le differenze tra koi 恋 e ai.

Koi – 恋 


Koi esprime fondamentalmente un profondo desiderio di qualcosa. In questo senso, è diventata la parola giapponese più vicina a ciò che le culture occidentali potrebbero considerare amore romantico.

Esprime, infatti, quell’attrazione indefinibile che provi per qualcuno a cui semplicemente non puoi resistere. E le parole che contengono questo kanji, spesso sottendono a questa idea.

Abbiamo ad esempio:

  • 初恋 

Hatsukoi, composto dai kanji di hatsu 初 (primo) e koi (amore). Letteralmente: il primo amore, quello appassionato, quello che fa soffrire, quello che pensi non finirà mai.

  • 恋に落ちる

Koi ni ochiru: letteralmente, cadere nell’amore. Questo termine esprime l’innamoramento.

  • 恋人

Koibito. La persona amata. Il concetto di base indicherebbe “la persona che mi manca”, quindi si riferiva in passato a un amore non corrisposto; oggi tuttavia si può utilizzare anche per indicare il proprio partner (senza vincoli matrimoniali). 

  • 恋人つなぎ

Koibito tsunagi. Questo termine colloquiale invece, descrive il tenersi mano nella mano con le dita incrociate (una sorta di “status” che indica l’essere fidanzati).

Ma può esprimere anche emozioni negative e desiderio di qualcosa che non potrà mai essere raggiunto. 

  • 失恋

Shitsuren, è l’amore che manca. Esprime il concetto di delusione amorosa, avere il cuore infranto.

  • 恋煩い

Koiwazurai. Il mal di amore. O soffrire per amore.

Ai 愛 


Ai 愛, come abbiamo detto all’inizio, è il kanji usato per indicare differenti sfumature dell’amore, ma tendenzialmente è un termine usato per esprimere, in senso piuttosto ampio, sentimenti di affetto, di cura e protezione.

Pertanto, indica l’amore tra genitori e figli, ma anche verso gli animali o gli oggetti. Viene usato per indicare il concetto di “amore per il prossimo”, “amore cristiano”, ma anche l’amore buddhista, nel concetto di 貪愛, [ton’ai], che indica il desiderio e l’attaccamento, sentimenti radicati nel desiderio che impediscono il Nirvana, la liberazione.

Abbiamo quindi termini come:

  • 愛犬

Aiken, il cane amato

  • 愛国 

Aikoku, l’amore per la patria, il patriottismo

  • 愛読

Aidoku, l’amore per la lettura

  • 愛人

Aijin. Il termine significa letteralmente “la persona amata”, “la persona cara”. Tuttavia, a differenza di koibito, qui la sfumatura di significato assume anche il senso di “amante”, di chi ha una relazione d’amore e carnale al di fuori del matrimonio.


愛 e 恋 abbiamo visto che esprimono sfumature diverse di “amore“, tuttavia possono essere anche uniti insieme a formare la parola:

  • 恋愛

Ren’ai. Amore. Innamoramento.

Questo termine assume in questa maniera le sfumature di significato di entrambi, esprimendo quindi un amore profondo (愛) che include il desiderio per l’altra persona (恋).

Il termine ren’ai soprattutto è diventato utile a distinguere il concetto di matrimonio d’amore, Ren’ai kekkon 「恋愛結婚」dal matrimonio tradizionale giapponese, nato per dovere o prestabilito dalle famiglie della coppia, il Miai kekkon「見合結婚」.

Trovo sempre molto affascinante scoprire le diverse sfumature che possono implicare i kanji, e soprattutto mettono in evidenza un tranello in cui è facile cadere, cioè partire dal presupposto che l’amore, come altri sentimenti legati alla sfera personale e delle emozioni, sia espresso e persino sentito allo stesso modo in culture con storie molto diverse. La sua interpretazione può infatti variare notevolmente, e la lingua ce lo ricorda sempre.

Un buon San Valentino a tutti voi! 

Daniela

Yamatologa per caso, traduttrice per passione, sognatrice di professione. Un vita in bilico tra Roma e il Giappone, e una passione per la fotografia, la cucina, i libri e i gatti.

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